31 dicembre 2015

Alla vita!

Ho pensato a tanti modi in cui farvi gli auguri, poi, è arrivato mio papà con questo video realizzato da lui. Be', secondo me non potevo trovare modo più carino per dirvi: AUGURI!
Lasciate andare ciò che vi tiene in catene, aprite le braccia alla vita, quella che pulsa e muove tutto, anche ciò che sembra ormai cristallizzato per sempre.





20 dicembre 2015

sospiri




Ci sono attimi in cui mi fermo, respiro e in quel soffio è racchiuso tutto quello che non riesco a dire. Qualche volta, quando vengono fuori sospiri come questo, mi chiedo se sia stata abbastanza furba da tenere qualcosa per me, senza che tutto evaporasse fuori, per sempre. Quando accadono momenti così, però, mi accorgo che non c’è spazio per le domande, che, anche se non si vede, tutto lo spazio che mi circonda è così pieno da non lasciare neppure un angolo che possa trasformarsi in un punto interrogativo. Così, butto tutto fuori ed è in quel momento che dentro faccio spazio per tutto quello che devo ancora respirare.



2 novembre 2015

fughe

Immagine Troche


Ci sono momenti in cui io vorrei poter prendere tutto quello che dicono i pensieri e chiuderlo in uno di quei barattoli con la chiusura termica, quelli che non passa un filo d’aria nemmeno se cerchi di corrompere le guarnizioni del tappo che, no, non le corrompi nemmeno se gli prometti un barattolo nuovo. Loro il barattolo nuovo non lo vogliono, sono guarnizioni fedeli. Così, tutti quei pensieri che non sono riuscita a sigillare, raggiungono il cuore per fargli il loro solito discorsetto a quattr’occhi e dirgli: Non puoi continuare così, devi smetterla di fare tutta questa confusione, di metterti lì a correre come un centometrista per toccare mete che somigliano a tutti quegli orizzonti che i sognatori rincorrono per non raggiungerli mai. Eppure, per una volta, vorrei che le guarnizioni si facessero corrompere, che il cuore fosse lasciato in pace e che io riuscissi a guardarlo scattare al via senza aver paura che si faccia di nuovo male, lasciando che viva il mondo come non ha mai dimenticato di saper fare. Il cuore non dimentica, fa solo finta, lo fa per darla a bere ai pensieri, per non farsi smascherare, perché, nei momenti in cui sembra che nulla possa essere più ascoltato, inizi a battere con la stessa passione di un sognatore che corre incontro al prossimo orizzonte che sa che non raggiungerà mai.


12 ottobre 2015

quando il freddo chiede quasi scusa per esserci e tu proprio non ci sei





Ho trovato una canzone tra i cerchi concentrici di un sasso lanciato nel bel mezzo di uno stagno. Avevo dimenticato la discrezione delle sere d’autunno, quando il freddo quasi si scusa per essere arrivato e tu quasi lo ringrazi perché, se non ci fosse lui, tu nemmeno ti accorgeresti di esserci. Ho smarrito quel sasso tanto tempo fa, durante una gara al lancio dei sassi, io stavo perdendo. Faceva freddo, ma sentivo che non potesse andare altrimenti. Sentivo. Da qualche parte ho ascoltato questa canzone mescolata al rumore di un sasso che rimbalza sul pelo dell’acqua, appena prima di eclissarsi sul fondo, insieme a tutti quei desideri che è meglio non dire. Oppure no? Questa è una di quelle domande a cui non so rispondere, così come non mi so mai spiegare perché quando fa proprio tanto freddo io me ne accorgo sempre un attimo dopo il primo starnuto. La canzone continua a rimbalzare, anche se il sasso non c’è più e ha lasciato il posto a tutte quelle cose che voglio e che non ho. Lo dicevo che i desideri non si devono dire, soprattutto in sere come questa, quando il freddo chiede quasi scusa per esserci e tu proprio non ci sei.


"shake because you love
cry because you care
feel 'cause you're alive
sleep because you're tired
shake because you love
bleed 'cause you got hurt
die because you lived"






13 settembre 2015

confusa e felice - Carmen, prendo in prestito, ma prometto che restituisco -




Ieri Lettere Animate​ ha pubblicato il mio racconto in ebook "Cuore confuso al cioccolato fuso", in verità, è stato pubblicato l'11 settembre, ma io me ne sono accorta solo ieri!
- non sarei una "pensatrice distratta" se non mi sfuggisse mai niente -
Ecco, ho inaspettatamente ricevuto dei messaggi con pareri, ma soprattutto emozioni che la mia piccola storia è riuscita a regalare. Questo mi sorprende e mi rende felice insieme. Mi sorprende perché tutte le volte che scrivo, la storia nasce sempre da un'esigenza e un desiderio che sono intimamente miei, quindi, confrontarmi con le emozioni e i pensieri che suscita in chi la legge è sempre una grande emozione.
Insomma, tutto questo per dire: grazie a voi che adottate ogni volta i miei personaggi e li fate chiacchierare.
Ho iniziato a scrivere per vincere un momento molto difficile della mia vita, ho scoperto che non solo mi piace, ma che, se potessi scegliere un luogo in cui poter dire di sentirmi davvero a mio agio, sceglierei proprio le parole.
Scrivere è diventato il mio sogno, un po' alla volta si sta realizzando, ma, oltre questo, scrivere diventa ogni giorno di più il mio modo per confermare che tutto quello che vedo non è proprio tutto quello che c'è e questa mi sembra davvero una risorsa preziosa.


11 agosto 2015

sono cadute le stelle, e io me la sono svignata





Ieri sono cadute le stelle, qualcuna è riuscita a svignarsela. Io non ho visto nessuna stella fuggitiva, ma mi piace immaginare che, all'ombra delle luce di una stella innamorata, si sia dileguata, dicendo: ve l'ho fatta! Un po' sono fuggita anch'io perché in notti come queste o si vive o si cade, come le stelle. Allora, al momento giusto, quando bisogna scegliere tra il vero e il ricordo, io sono entrata in una nuvola e le ho chiesto: portami via, lontano, dove non si è mai soli a guardare le stelle e i desideri non sono solo un modo per non morire.



22 luglio 2015

cose speciali che accadono e che sembrano non essere mai accadute


Un pomeriggio d’autunno, uno di quelli in cui non riesci neanche a pensare che, di lì a poco, arriverà il grande freddo. La pelle ancora un po’ abbronzata, la tua, perché la mia anche questa volta proprio non ce l’ha fatta a diventare scura, che posso dire? Sarò figlia della luna, chissà. Tu sei già lì, sei seduto sulla panchina di fronte alle casette degli scoiattoli. Io arrivo e, siccome sono distratta, punto direttamente a quella che è di diritto la mia panchina: ci vengo quasi tutti i giorni, è la mia panchina, non si discute! Mi siedo. Dopo un po’, mi cade la borsa, mi giro per raccoglierla e mi accorgo di te. A quel punto ti sorrido, non perché sei irresistibile, ma perché il sorriso è il miglior modo per dire, senza dire: Ehi, spero che per te sia una bella giornata! – anche se hai preso la mia panchina, ma ve be’ –
All’inizio non faccio caso a te, sono impegnata a frugare nella borsa, trovo il libro, la penna, la moleskine, le cuffie e un sacco di altre cose che nemmeno so di avere in quel piccolo pozzo di stoffa a pois senza fondo, ma ormai ci sto prendendo gusto a tirare fuori tutto e continuo. Tu sei sempre seduto, hai tra le mani un libro aperto, un po’ leggi, un po’ ti distrai, un po’ controlli il telefono.
Il telefono! Ecco che il mio squilla un sacco di volte, io non lo trovo, nonostante tutto quello che ho tirato fuori dalla borsa, ancora non riesco ad afferrarlo.
Eccolo! Non squilla più. Non è una chiamata importante, quindi lo spengo e lo metto in borsa.
Tu mi hai guardata di sbieco, così, senza darlo troppo a vedere.
Io però me ne sono accorta perché, da quando ho visto che hai un libro in mano, ogni tanto sbircio. È più forte di me, devo scoprire cosa leggi.
Torni con gli occhi fissi sul libro, io apro il mio e ricomincio dall’ultima parola che ho lasciato e che mi sta aspettando.
Non riesco a concentrarmi. Adesso sono io che ti guardo. Cosa leggi? Voglio saperlo! Te lo chiedo. Senza giri di parole, senza pensarci troppo, con un filo d’imbarazzo, anche se faccio finta di no.
It.
Me lo dici con il sorriso più adorabile del mondo; poi, ci penso su e mi chiedo cosa ci sia da ridere. It non fa ridere e anche se ridi non è che ho meno paura. Annuisco cercando di non guardarti, così non ti accorgi quanto sono spaventata.
E tu?
Io? Sei sicuro di volerlo proprio sapere? Guarda che se lo sai poi qui non ci vieni più. Potrei nascondere il libro! Troppo tardi, secondo me hai sbirciato qualcosa. Te lo devo dire. Uffa! Te lo dico.
Il cavaliere inesistente.
Sorridi un’altra volta. Non ti sei spaventato! Quasi, quasi ti dico che, se vuoi, puoi dividere la mia panchina con me, a tutti e due piacciono cose che non esistono e non è detto che le tue siano più spaventose delle mie. No, non ti dico niente. Tanto ritorni, tanto ritorno.



[Qualche volta penso a come sarebbe stato incontrarti al parco, poi mi ricordo dove ci siamo trovati e penso che forse al parco sarebbe andata così, ma com’è successo davvero ce lo ricorderemo come si ricordano quelle cose speciali che accadono e che sembrano non essere mai accadute.] 


17 luglio 2015

dialoghi chiassosi che aspettano

Immagine di Troche


Tutto è iniziato quel giorno in cui è saltato fuori da quel cespuglio che, se non fosse stato per me, non ci sarebbe mai stato. Intanto c'era e me lo son dovuto tenere, insieme a lui, a tutte le sue smorfie e l'impressione che d'impressionante ci fosse molto più che un baffo che toccava il sopracciglio.
Tutto è iniziato dalla fine, dalle parole che chiudono il cerchio, nel punto esatto in cui, se fai un passo falso, ti trovi fuori e dentro non puoi più tornare. Uno di quegli attimi prima che solo io so, uno di quelli che qualcuno fa finta di non sapere. Mi aspettavo che dicesse qualcosa, invece non ha detto una sola parola. Ha arricciato il naso e mi ha preso tutte le parole. Tutte meno un po'. Come ci riesci? Come fai a farlo?
...
Silenzio, non ho detto altro. Silenzio, non hai detto niente.

...





23 giugno 2015

ohmiodiocomefaccioadesso




Le cose che non si vogliono ascoltare sono quelle che ohmiodiocomefaccioadesso? E quando dici “Oh mio Dio, come faccio adesso?” può voler dire tutto, ma anche niente. Dipende da quello che, una volta finita la rincorsa a fil di fiato, appena ricominci a respirare, accade o non accade. E io, se proprio dovessi pensare a come dirlo, lo vorrei dire alla fine di una rincorsa tra le parole, sull’orlo del precipizio dell’azione che vince l’intenzione, su ogni singolo istante che ho deciso di trattenere. Danzando, in una di quelle notti che non devono finire, in cui i respiri si confondono e le stelle tintinnano quei desideri che non si osa dichiarare. 

21 giugno 2015

Come sempre, come mai



La persistenza della memoria, Dalì

Io sono tante cose e nessuna, sono un piccolo suono nel bel mezzo del niente o sono il silenzio infilato nel tutto. Sono qualcosa, sono in qualcosa.
Non so perché sia arrivato qui, da quanto ci sia o chi mi ci abbia portato. Ho detto una bugia, forse più di una. Forse non mi segui. Che ci fai dietro di me? Se non la smetti di pedinarmi chiamo la polizia.

Sì, comandante, qualcuno mi segue! Certo che glielo dico, certo che so chi mi manda, ma lei, per favore, prenda quell’ombra che non fa che scrutare, indagare.

So chi mi ha portato qui, so quando sono nato, so che quel dito è scivolato sull’onda di un baffo e da lì è stato un lampo. Dal lampo all’idea. Dall’idea a una fondue che mai avrei pensato di vedere, ma sempre avrei desiderato ci fosse.
Eccomi qui, nel bel mezzo del tempo che si scioglie, mentre intorno si dovrebbe fermare tutto e, invece, tutto si muove. Ci sono tre tempi e un doppio che sta per andar via. E mi manca, non so da quanto tempo, ma mi manca.

Perché te ne vuoi andare? Ricordo quel giorno in cui ci siamo incontrati. Il tempo si è capovolto in un attimo e nello stesso tempo ci siamo trovati insieme, in quei sessanta secondi che sono diventati una vita intera in così poco. Che poi era tanto, che dico che mai ne avrei avuto abbastanza. Se credessi ai giuramenti direi che quel giorno ci siamo baciati. Giurerei che ci siamo baciati! Adesso mi lasci, fuggi via su un lenzuolo di vita mosso dal vento. Bianco, come le cose che restano ferme mentre tutto si muove.


Potrebbe essere colpa del terzo tempo! Eppure, il tre mi dovrebbe essere amico.

Non tu, tu mi hai tradito! Strisci silente e infingardo, ti fermi a guardare, a un passo da me, il mio doppio che va via. Invadi il nostro addio con la tua inopportuna presenza. Chi ti ha invitato? Non io! Non il mio doppio! Non ne avremmo avuto il tempo. A pensarci bene, non ho tempo di intrattenermi con te, vile voyeur! Il mio amore fugge, va via per sempre!

E io, se potessi, spiccherei il volo e raggiungerei quell’istante che sto perdendo. Se solo fossi più leggero, se non ci fosse tutta questa distanza, se avessi tempo, se tutte queste cose e tutte le altre che non mi ricordo e che mi tengono appeso qui senza muovere un baffo. Io non ho i baffi, ma qualcuno che mi conosce bene li ha.

Giù le dita da quel ghirigoro impazzito che io ti conosco che tu mi conosci che se conoscessi quello che viene dopo non starei qui a parlare con un paio di baffi.

Fuggo! E raggiungo il mio doppio ché a metà mi sento solo.

Io il volo lo tento! Mi tenta il pensiero di esser con te su quel bianco lenzuolo.
Io il tempo lo perdo, mentre cerco di afferrarlo e mi scivola via.
Io il tempo lo prendo, in questo o in quel lampo.
Io il tempo lo bevo, mentre tutto si scioglie e noi, in un istante, ci mescoliamo.
Perdiamo colore, siamo lo stesso colore che ci ha fatti incontrare.

E la distanza non c’è e sto per volare, quasi mi lancio.

Dico, mi lancio!

Mi fermo, dondolo lieve su questo ramo nudo.
Da quanto sono qui?
Perché voglio fuggire?
Chi sei tu che ti allontani su quel bianco lenzuolo?
Non so rispondere, mentre tutto mi ricorda tutto, io dondolo e dimentico come sempre, come mai.


[Grazie a Gloria che un giorno mi ha chiesto: e se quel sei penzoloni nel quadro incominciasse a parlare, cosa direbbe?]


25 maggio 2015

sentieri liquidi





Questa mattina ho messo via un po’ di cose: tutte le parole che avrei voluto dire e non dirò più, un bacio e un foglio strappato da un calendario. Queste cose le ho tenute con me per un po’, non riuscivo a lasciarle andare. C’era la pioggia. La pioggia porta via tutto in fretta e io volevo che per l’ultima volta, anche solo con un cenno di mano veloce, potessi salutare senza che si vedesse troppo la mancanza che già sentivo di provare. Ho pensato al tempo, a quello che non sono riuscita a riempire, a quello che si è svuotato senza avvisare e a tutto quello che ho perso domandandomi dove fosse andato a cacciarsi. Ho pensato anche che la caccia e il tempo non sono andati mai d’accordo e non ci andranno mai, ché il tempo si nasconde e ti costringe a contare fin quando non si stanca di stare ad ascoltarti. D’un tratto la pioggia ha smesso di cadere e io, con l’orologio in una mano e la consapevolezza che non me ne sarei fatta un bel niente nel cuore, ho affrettato il passo nella direzione da raggiungere, senza esitare. Il mio passo veloce non era che un sentiero da tracciare, un’impronta da affidare in modo che il tempo sapesse come fare ad arrivare. Ed è arrivato, nel bel mezzo del sentiero di orme liquide è arrivato. Tutte quelle cose che avrei voluto dire e non dirò più, nel lembo smerigliato della pagina di calendario, strappata chissà quando e chissà dove, sono scivolate in una pozzanghera insieme a tutto il tempo che si è stancato di ascoltarmi contare.


27 aprile 2015

Passaggi



Ci sono giorni che sembrano non passare mai e altri che passano così veloci che ti chiedi se davvero siano passati per davvero. Ci sono giorni che devono passare e anche se fai finta di essere affaccendato in ben altre faccende, non ne vogliono sapere di accelerare. Ci sono giorni che vorresti non passassero mai e ce la mettono tutta a ricordarti che stanno per salutarti per sempre. Poi ci sono i giorni che non hai mai potuto vivere con chi avresti voluto, sono quelli che ti traforano lo stomaco da parte a parte, quelli in cui senti così freddo che ti fanno ricordare che nemmeno durante l'inverno più gelido, di cui hai memoria, tremavi così tanto. Ci sono i giorni e ci sei tu che resti,e stringi tra le mani quel poco che puoi per non lasciarli andare.


22 aprile 2015

Meditazioni del mercoledì



Meditazioni del mercoledì: il tempo mi sfugge.
Se penso agli ultimi mesi, so di aver lasciato andare tante cose, di aver trascurato la scrittura, la lettura, il cinema, di aver avuto nelle orecchie sempre la stessa musica, di aver fatto finta di non ascoltare ciò che autenticamente sentissi, di non riuscire ad essere davvero dentro progetti che mi stanno a cuore, di aver tenuto il telefono troppo occupato, di non essermi occupata di chi, spesso con discrezione, mi ha chiesto di esserci molto più di quanto ci sia stata. Ho confuso delle idee con i sogni, e sì che è vero che un sogno spesso nasce da una buona  - o cattiva, punti di svista - idea, ma il sogno, poi, chiede di diventare vero e se non lo diventa, nonostante tutta la passione e la buona volontà, tutti i tentativi possibili e il coraggio, allora forse quello non è un sogno, ma un'idea destinata a svanire e non a restare. Ho dimenticato che tutto quello che fugge e non ha il coraggio di esserci non è che un'impressione di passaggio, non un affetto o un sentimento. Mi sono dimenticata di me e di tutta la vita che mi aspetta e che voglio stringere tra le mani per non farmela scappare via, di tutto quello che voglio ancora vedere, delle storie di cui voglio sapere la fine, delle cose che non so e che voglio imparare, di quanto sono curiosa e di quanto questa curiosità, un giorno o l'altro, mi metterà nei guai, per fortuna. Poi ho pensato tante altre cose per concludere che, adesso, non è proprio più tempo di pensare. Il tempo, lo stesso tempo che mi sfugge.
Conclusioni del mercoledì: mi è sfuggito il tempo.
Propositi del mercoledì: tutto quel tempo, io lo voglio riacciuffare.

31 marzo 2015

stai

Immagine di Valentina Luberto


Quando tutto ancora nemmeno sa che deve svegliarsi, quando le strade sono così vuote da poter mettere un pensiero in ogni passo, quando dal finestrino del treno muovi tutto stando ferma. Dentro e in fondo a tutte queste cose, ci sei tu. E io, io vorrei davvero saper dire in che modo ci sei, quanto mi fai, ma in tutto questo silenzio, in tutto questo correre muto, resto a guardare come si guardano quelle cose a cui hanno tolto le parole. Come quando la neve cade e su quel letto morbido e bianco, stai.

23 marzo 2015

spazio #b9nny6i7






Il tempo ingoia una canzone che non riesco nemmeno più a cantare. Le note corrono, nonostante la canzone se la prenda comoda. Fuggono e si nascondono dove possono: tra lo spazio soffiato da un batter di ciglia, sui polpastrelli che aderiscono al palmo della mano per non perdersi, nelle spalle così strette da farsi male. La canzone canta, incanta e scandisce un tempo passato che nel presente vomita tutto quello che non riesce a contenere. Butta fuori tutto, lascia dentro niente. E in quel niente, per un istante, soltanto uno, scorre quel tutto. Forse, già via.


10 marzo 2015

Sogni che si lasciano scappare via



Come sono i sogni che si lasciano scappare via? Sono sogni che nascono nel buio e con il buio si confondono. E non sono incubi, sono solo sogni nati per nascondersi, vagabondi delle notti senza sonno e dei giorni persi. Sono possibilità velate da coltri d'esitazione fitte fitte, sorrisi abortiti fuori tempo, mani che si accorgono di possedere un tutto che è già niente. Come sono i sogni che si lasciano scappare via? Sono. Per non essere più nel punto esatto in cui non sono mai stati e non saranno mai. E non sono più. Tutte le volte che non ti accorgi che potresti tenere gli occhi aperti e vedere che quel sogno è così vero che basterebbe soltanto restare. Allora, come sono i sogni che si lasciano scappare via? Sono sogni soli e nella loro solitudine trovano tutte le ragioni per lasciarsi andare.



8 febbraio 2015

luci smarrite





Il vento rompe il silenzio. I segreti esplodono in pezzi. Sono piccole schegge di luce nel riflesso ciarliero di una luna annoiata. Il vento li muove, come fossero veri, come fossero seri. Così, percorrono istanti, minuti, giorni, anni distanti. E confondono i pensieri, i sentieri, i viali nascosti tra i veli di ricordi annebbiati. Si fermano. Sospendono tutto, trattengono niente. E cadono, come stelle comete. Si spengono, come luci smarrite.





9 gennaio 2015

Buoni motivi per togliere gli occhiali




Se io avessi avuto gli occhiali, forse, le cose sarebbero andate diversamente. Una volta, gli occhiali mi hanno salvato da una situazione davvero imbarazzante: una stanza verde piena di colori che aspettavano solo che io svelassi la mia fiaba. Tutto quel verde, con il rosso fuoco delle mia guance, non stava proprio bene; così, ho tolto gli occhiali e quei colori nitidi sono diventati sfumature, vetrate di una cattedrale con i disegni tanto lontani, da non riuscire a scorgerne nemmeno uno per davvero, aloni di un caleidoscopio con una lente continuamente appannata. Lo so che si può pensare: cosa c’è da vedere in tutta quella nebbia colorata? Un sorriso timido, uno sguardo di sfuggita, due piccole luci scure che si illuminano, qualche volta, al passaggio di una sciarpa rossa. Se avessi avuto gli occhiali, nel momento in cui tutto si è fatto chiaro, avrei potuto toglierli e dire: Ancora un po’ di nebbia colorata, ancora un po’


4 gennaio 2015

bianco


Immagine naimablu7

E io penso che bisognerebbe incamminarsi insieme. Scegliere una distesa bianca e iniziare a scrivere con passi leggeri, quel tanto che basta a imprimere la direzione di un passaggio lento e ostinato. Fermarsi sull'orlo del precipizio delle idee, un attimo prima che si realizzino. In tutto quel bianco, avvolti nel silenzio, guardare giù e decidere di buttarsi. Insieme. Un attimo prima. Ostinatamente. In tutto quel candore che non abbiamo ancora saputo.