28 maggio 2014

non so cosa voglio scrivere, figuriamoci se posso sapere il titolo


lo so che la foto è sbilenca, ma è l'unica che può rappresentare questo post, fidati


Quella che vedi è la mia scrivania nelle condizioni in cui è mentre scrivo, adesso. Eh, perché non è che si possa sempre nascondere tutto, qualche volta si deve avere anche il coraggio di condividere il caos che abbiamo intorno, e non solo su questa scrivania. Che musica ascolto? No, no, Ligabue è in pausa, dopo riprendo la preparazione concerto – zio Liga, a tal proposito, un messaggio per te: i testi non farli più variamente interpretabili che poi io non riesco proprio a non cambiarli. Ti voglio bene lo stesso, anche se Ti sento proprio non me la vuoi fare. Penso di poterti perdonare –. Ascolto Mi fido di te, Lorenzo Cherubini. Non so, l’accoppiata fiducia/cherubini mi fa pensare che da lassù mi vogliano dire qualcosa. Parlate chiaro o niente! – tono deciso e decisamente poco convincente –. A questa canzone sono arrivata per caso. Adesso che ci penso – eh, lo so che penso troppo, ma tant’è – ti ho appena mostrato una parte del mio caos – la scrivania – quindi mi sono fidata di te, l’altra parte del caos ha coperto il mio letto e più lo guardo e più mi chiedo dove dormirò questa notte – dovrei fare una valigia, ecco – ma per mostrarti quella parte lì fiducia/cherubini devono impegnarsi un po’ di più. A pensarci bene non è che non mi fidi di te, forse non mi fido di me – nonostante sia una persona raccomandabile, io mi raccomanderei, non credo mi farei fare brutta figura –. Se leggi quello che scrivo abitualmente, sai che il punto è che non si sa mai dove voglio andare a parare, e non pensare che sia una trovata strategica, no, il più delle volte lo scopro alla fine insieme a te; magari non proprio insieme a te, ma è questione di poco. Un’altra cosa che sai se leggi sempre le mie sghemberie è che le parole si rincorrono, qualcuna scappa, qualche altra la ripeto tante volte perché ho bisogno di sentirla di più. Avrai capito che le virgole mi piacciono tanto, ma ci accettiamo a vicenda per quello che siamo, visto che non sappiamo mai dove incontrarci e glissiamo sui nostri reciproci appuntamenti mancati. Ah, gli appuntamenti sono un’altra cosa che mi piace tanto, soprattutto quelli che accadono e che non so di avere, anche perché quando lo so mi viene l’ansia, questo non lo sa quasi nessuno e nessuno lo direbbe mai, diciamo che fiducia/cherubini ci ha messo del suo per tirarmelo fuori. Questa volta credo di non voler andare a parare in nessundove no, no lì non ci voglio proprio andare . Questa volta, tutto quello che penso e che vorrei dire assomiglia alla mia scrivania in questo momento. E scrivo, scrivo senza pensare, senza sapere, senza per forza dire qualcosa che devi capire oltre quello che leggi, senza voler far altro che fidarmi di te e del fatto che, anche se non ho detto niente, tu hai capito tutto.


"… dottore che sintomi ha la felicità" 





27 maggio 2014

disastrincastri che piacerebbero a Picasso



L'amicizia, Picasso



Il pensiero si ferma su quello che vuole. Il potere di dirigerlo verso ciò che vorremmo si rivela un voto al naufragio delle intenzioni, il più delle volte. La pace sia con loro – con tutte le intenzioni naufragate, dico – e arrediamoci all'ammutinamento del pensiero. Va dove vuole. Dove vuoi andare? gli chiedo. Non risponde. No, non andare lì! gli intimo, ma, mentre lo faccio, mi rendo conto che è un po' come quando dico a nonna Non chiamarmi sempre quando squilla il telefono, non preoccuparti che rispondo, glielo dico tutte le volte. Valentina, rispondi! me lo dice tutte le volte. Questa volta dico che le parole non si trovano mai a caso. Per caso, questa mattina, ho trovato una parola scritta a matita su un foglio sgualcito: riparare. E il pensiero è andato dove voleva, di nuovo. No, non sempre puoi riparare qualcosa da solo. Qualche volta c’è bisogno di qualcuno che ti passi la colla e ti dica Quel pezzo mettilo più inclinato che così s’incastra meglio. E tu lo metti in quel modo e scopri che sì, come ha detto l’altro, s’incastra proprio bene! Meno male che te l’ha detto, meno male che ti ha aiutato, meno male che c’era. Riparare, sempre lì, sempre su quel foglio sgualcito dal tempo e da tutte le volte che è stato stropicciato con intenzione, per sbaglio, per tutti i motivi che sai o non sai. Riparare, ancora lì, scritto a matita Che diamine, se sbagli puoi sempre cancellare, credi. Riparare, aggiustare, proteggere, porre rimedio a un danno o a un errore, rimediare... prendersi cura di nuovo, con più attenzione di prima ché quando qualcosa è rotto per davvero, i pezzi si sfarinano tra le dita, gli incastri son difficili da trovare, la colla, per tenere, ha bisogno che l’aiuti senza lasciare andare troppo in fretta. Quando ripari qualcosa il risultato è una lacrima, un sospiro, un nodo in gola, una fitta allo stomaco, una liberazione. Oppure una gran risata, subito dopo che i tuoi occhi e quelli dell’altro si sono aiutati a vicenda per trovare l’incastro giusto, le mani sporche di colla si confondono per tenere meglio –  per tenersi meglio –, lo sguardo a quello che è stato riparato e il pensiero che Non è mica tanto male, Picasso non avrebbe potuto far di meglio! E ci credi, mentre lo dici, ci credi davvero.




15 maggio 2014

Non è un racconto sul mare


... e il fatto che ci sia il mare non significa niente


Io e il mare qualche volta ci capiamo e qualche altra no. Oggi è una di quelle volte sì. Si pensa sempre che il mare debba raccontare qualcosa, invece no. Il mare, il più delle volte, ascolta. Certo, se è arrabbiato tenta di dire la sua infrangendo le sue ragioni sugli scogli, quando ci sono, oppure sul bagnasciuga. Bagnasciuga è una parola che mi è simpatica, assomiglia un po’ a quelle volte in cui vuoi piangere, ma speri che nessuno ti veda. Bagni le guance e le asciughi subito. Se c’è il vento, è fatta. Di’ che è colpa sua, ti crederanno tutti. Se noti un pizzico di diffidenza, tira dentro anche la sabbia, una spruzzata di salsedine e sfido chiunque a dare la colpa a te, se piangi. Spesso, quando si piange, la colpa non è di nessuno. Questa è una bugia. Quel che è vero è che a volte proprio non lo sai perché stai piangendo. Una cosa che ho imparato è che non è necessario sapere proprio tutto. Qualche volta è meglio non sapere. Sai che ho perso il filo? Poco male, mal che vada, torno alla partenza e ricomincio. Io e il mare qualche volta ci capiamo e qualche altra no. Oggi non c’è vento, la sabbia è incollata a terra e la salsedine se la prende solo con i miei capelli che si arricciano. Ogni riccio un capriccio. Sarà mica per questo che c’è qualcosa che bagnasciuga? Ah, questo proprio non lo so. Qualcuno mi ha detto che non è importante sapere proprio tutto. Qualcuno che ha visto un mare come questo luccicare e ha pensato che, qualunque cosa accada, ci sarà sempre qualcosa di bello che gli occhi sapranno ritrovare.


[No, non è un racconto sul mare. Tu che leggi, e tu sai che mi sto rivolgendo proprio a te, smettila di ridere!]