24 luglio 2013

attimi

 
Il tuo mondo, Fabio Calvetti




È una sera come tante, quella che mi viene a cercare. Mi trova un attimo prima che il viaggio sia fuga. Dal mondo, nel mondo di due occhi che chiedono d’esser guardati. Per una volta, ancora. Aspetto che sia tempo, appena in tempo per poter svestire il viaggio e indossare la fuga. No. Questa sera non è una sera come tante e mi ha trovata. Perché distolga lo sguardo, perché io possa guardarti l’attimo in cui decido di restare.



21 luglio 2013

idee cadenti e bernoccoli scampati

Immagine di Anto Superbat 



Ci sono idee che ti cadono in testa dallo scaffale alto di una libreria. Cadono, come se non avessero aspettato altro e, mentre sei intenta ad accarezzarti i capelli alla ricerca del probabile bernoccolo, alzi lo sguardo, guardi la mensola e pensi: Perché non sei caduta prima, idea! Il bernoccolo non lo trovi, però trovi qualcos’altro: il coraggio di vedere come va a finire. Cascasse il mondo io quell’idea non me la faccio scappare! Pensi. Penso che non sia finita qui e che se ho tirato via proprio quel libro ed è venuta giù proprio quell’idea un motivo ci sarà. No, non sono nervosa (questa è per gli intenditori). Intendo dire, che le idee migliori sono sempre quelle che arrivano per caso, qualche volta le trovi per casa, qualche altra non è proprio il caso. Però… però stasera c’è una luna piena che promette di non spegnere la luce, c’è un’idea che pulsa più di un bernoccolo o di una stella che fa di tutto per voler cadere. Poi ci sono io che cado sempre dalle nuvole, ma questa sera non c’è pericolo perché le nuvole non ci sono. C’è solo un’idea che è una stella cadente e io ho tutta l’intenzione di non farmela scappare.




14 luglio 2013

Tormentoni



Amantes de arena, Julio Ojea



Il ritornello stupido di una canzone. Canta. Suona. Stona. Un po’ come tutte quelle parole che sono rimaste impigliate nel pentagramma delle occasioni perse, tra una pausa e l’altra, nascoste sotto il terzo rigo dal basso per non dire sì. Così succede che si gira intorno a quel sì per non toccarlo, sfiorarlo. Si scelgono i toni bassi che qualche volta sono così bassi da spegnersi nel silenzio. E se proprio non ci stai ad ascoltare il silenzio, se proprio non vuoi ascoltare, ascoltarti, ci sono i toni alti, quelli che qualche volta sono così alti da accendersi in tutto quello che non si sarebbe mai dovuto dire. Eppure, basterebbe solo fermarsi su quel terzo rigo dal basso, cercare il suono di un sì come fosse l’unico suono possibile.
Una canzone che è tutta un ritornello stupido. Stona. Canta. Suona. Con poche, banali, semplici parole dice tutto quello che si è impigliato in quel pentagramma. Ascolto, penso che non avrò mai il coraggio di dire che la sto ascoltando, che mi sta piacendo e che per una volta vorrei essere un banale ritornello stonato, invece di cercare sempre quella irripetibile e preziosa melodia che riesco a sentire soltanto io. Tu. Se proprio dovessi cercarti in un luogo, ti cercherei proprio in un ritornello stupido, uno di quelli che ti piacciono di nascosto, che sai che con te non c’entra niente, che pensi che se mai dovessi cantarlo lo faresti in una di quelle sere d’estate ebbre di vita, mentre incendi desideri alla luce di una luna complice e discreta. 




[... no, non ti rivelerò mai quel ritornello]

7 luglio 2013

illusioni ottiche





Se non vedo, non credo, ha detto qualcuno. Ci sono cose che nemmeno gli occhi riescono a credere. Accade quando il cuore gli nega una visione vera. Lo sguardo, miope per comando del cuore, ridisegna i contorni e con la sua tavolozza d’artista vuol fare d’un pasticcio un’opera d’arte. Più avanti tutto questo che sembra un pasticcio sarà un capolavoro! Più avanti, ripete. L’artista lo dice, ci crede, predice, colora così il suo animo infelice. Più avanti il pasticcio non fa che mostrare tutti i difetti che l’occhio del cuore voleva occultare. Dell’opera d’arte non c’è alcuna traccia, ma lui non smette di darle la caccia. Quel pasticcio è un obbrobrio, ma lo sguardo corrotto dal cuore ferito insiste: Non è detta l’ultima parola! Qualche critico coraggioso saprà vedere il capolavoro evidente che l’evidenza nega!, dice consegnando al suo pasticcio qualche respiro di vita in più. Serve a poco, quegli scampoli di tempo, tanto sudati, dalla triste realtà vengono inesorabilmente traditi. Nessun critico ha un coraggio tale da esporsi all’onta d’un fiasco totale. Lo sguardo smarrito è desolato, non trova più il cuore che lo ha abbandonato. Cos’è questo obbrobrio, portatelo via!, dice distante lo sguardo dal cuore mancante. Terrà gli occhi chiusi per un po’ per poi riaprirli e dipingere un altro pasticcio che più bello non si può.


3 luglio 2013

ingorghi


Every night we are haunted by a dream, Kubin




I pensieri smarriti vorticano, come in un imbuto occluso, al centro di un parallelepipedo ocra. Il colore fugge dalle pareti del parallelepipedo, si scrosta e rivela il fondo scuro. Bitume che cola e riempie l’imbuto. Il vortice non accenna a quietarsi. Gira, gira, gira. Capogiro di pensieri, bitume e brandelli di crosta ocra. Tutto spinge, tutto riempie, tutto non è che l’incubo che si rivela nel vero fendendone il certo. La fuga è negata, il grido assente. Silente è il dolore del passo dall’incubo al vero.