28 giugno 2013

invece no

Immagine di nickfante




Se il cielo di questa mattina d’estate potesse assomigliare ai miei pensieri sarei felice, almeno l’istante in cui mi riconoscerei tra l’azzurro e il sole. Invece no. Alzo lo sguardo e non mi riconosco, io e quell’azzurro intenso non ci somigliamo neanche un po’. Incollo gli occhi lassù e mi chiedo da quanto non c’incontriamo. Se questo cielo, per un momento solo, riuscisse a riempire le mie paure d’azzurro e bagliori di luce calda, forse, potrei provare a vederlo amico. Invece no. Lui sta lì e resta fermo nella sua volontà di preservare la distanza che ci separa. Sta lì a guardare, mentre io lo guardo e non lo riconosco, non mi riconosco quasi più.





[Le attese alla fermata del bus dovrebbero essere più brevi, direi]


20 giugno 2013

Di posti speciali non più speciali che gracchiano


Jacek Yerka

C’era una volta un posto. Un posto che per tanti era un posto qualunque, ma per lei no. Lei se lo ricordava quand’era nato perché ci sono posti che ci sono da sempre e posti che nascono e per nascere hanno bisogno che si sia almeno in due. Due non è un posto, forse per un po’ lo è anche stato, ma due è un numero. Il due significa anche che c’è qualcuno che parla e l’altro che ascolta, poi, quello che ha parlato fa silenzio e quello che ha ascoltato inizia a dire. Cosa si dicono? Tante cose, tutte quelle che servono a non diventare mai uno. L’uno è sempre solo, parla e ascolta sé stesso. Finisce con l’annoiarsi, ci scommetterei tutta la collezione di tartarughe ninja che non so nemmeno dove sia finita, ma nei ricordi la trovi di sicuro. Nei ricordi sono un po’ in buona compagnia e un po’ no, ma la storia dei ricordi è troppo lunga e tristeallegra, la racconto un’altra volta. C’era lei, una volta, che era ritornata in quel posto in cui non era mai stata un uno, aveva ascoltato, aveva detto e qualche volta aveva anche giocato con le parole. Non tutti sanno giocare con le parole, ci vuole una certa predisposizione alle allucinazioni a occhi aperti e senza prendere sostanze stupefacenti, l’unico stupore possibile è la meraviglia, ma quella o ce l’hai o puoi scordarti di giocare con le parole e divertirti.  Lei ci giocava e si divertiva. No, non fumava niente, anche perché il fumo le faceva venire la tosse e la tosse non è proprio una cosa carina. Quel giorno in cui era ritornata in quel posto non l’aveva riconosciuto più. Il colore era lo stesso di un tempo, c’erano sempre le sue parole, ma il suono non era più un suono, bensì un fastidioso e sciocco gracchiare. Inoltre, c’erano tante persone che lei non aveva invitato e che riempivano quel posto di parole, ma senza saperci giocare neanche un po’. Un altro segreto per divertirsi con le parole è che devi trovare un compagno di giochi che sappia inventare un codice segreto insieme a te, altrimenti le parole diventano di tutti e i posti speciali non possono avere parole che sono di tutti. Si era fatta un giretto, aveva visto da lontano qualcuno che conosceva, ma che non riconosceva più, forse non l’aveva mai conosciuto fino in fondo. L'altro gracchiava insieme a tutti i non invitati e lanciava parole a caso nel mucchio senza divertirsi. In quel momento, in quel posto speciale, che speciale non era più, lei si era sentita un uno. Un uno? Sì, un uno così solo che la noia era così tanta che se la stava divorando come un topino divora un pezzo di formaggio temendo di finire in trappola da un momento all’altro. Un uno? Giammai! pensò, e nel tempo d’uno starnuto quel posto gracchiante lasciò. Non tutti vissero felici e contenti, ma lei, dopo un po’ di malinconia, sì. 


17 giugno 2013

un puntino lontano, lontano



  Immagine dal web


Sono un puntino. Lontano. E da lontano guardo i fili in cui non voglio inciampare. Tesi a mostrare di possedere qualcosa che non posseggono e nemmeno vogliono sul serio. Io sono un puntino e, se mi muovo bene, non inciampo e salto via. I fili sono una ragnatela. Un filo dentro un filo dentro un altro filo. Una trama di fili che stringe e soffoca fino a togliere qualsiasi possibilità di respiro, ma io. Io sono un puntino e nella ragnatela, se sto attenta, non ci finisco. Lontano, da dove sono adesso, vedo tutte quelle trame che s’intrecciano più d’una treccia di fil di ferro e pece, e io. Io sono un puntino. Lontano, lontano, così lontano che con la ragnatela posso quasi giocare a freccette. Un lancio, due, tre. Nel centro. Io no.






7 giugno 2013

semplicemente vorrei


Immagine di Susanita



Qualche volta vorrei, semplicemente vorrei poter assomigliare al vento. Irriverente, improvviso e audace. Qualche volta il vento mi assomiglia, anche se io non lo do troppo a vedere, anche se lui fa di tutto per farsi notare. Qualche volta vorrei, semplicemente vorrei che tutti quei pensieri che si nascondono tra i capelli scivolassero via o s’impigliassero tra dita giocose e sottili, come tutte quelle cose che ci sono anche se non le vedi. Qualche volta vorrei, semplicemente vorrei non volere. Lasciarmi andare all’imprevedibilità di quel soffio di vento a cui assomiglio senza che lui voglia cedere al pudore di mostrarlo. Giocare tra pensieri celati tra i capelli e dita sottili che non vogliono lasciarmi andare.





 [Grazie a Valentina Fontanella per avermi permesso di usare una sua preziosa immagine per fare compagnia alle mie parole] 

4 giugno 2013

in un pomeriggio di primavera che si dava tutta quell'aria che si danno i pomeriggi di primavera

Blue 1927, Kandinskij



Il tempo sembra un cerchio. Stringe, stringe, stringe quasi a far male e anche un po’ di più. Non così stretto! Non resta spazio, poi. Poi, dov’eravamo rimasti? Siamo rimasti in un pomeriggio di primavera che aveva tutta quell’aria che si danno i pomeriggi di primavera. Leggera e svagata come quei pensieri che fuggono ogni pretesa d’esser custoditi per più di un batter di ciglia. Sul ciglio di quel giorno siamo rimasti noi, un appuntamento e una parola. Non siamo più andati via ché l’inverno non lo sapevamo proprio se l’avremmo superato. L’inverno è arrivato e la neve è stata così tanta che ha coperto tutto quello che c’era da coprire e abbiamo perso l’appuntamento, la parola e anche noi. Ci siamo persi. Un sacco di cose, e quando dico un sacco voglio dire tutto quello che si può infilare tra le lettere di quella parola che non abbiamo più trovato, senza contare che all’appuntamento si è presentato solo l’appuntamento che non era così felice d’essere l’unico a essersi presentato. “Pazienza”, ha detto il tempo che lo sapeva. Cosa sapeva? Non lo so, ma lanciando in aria un dado, tenendo il due per me e dandoti indietro un bell’uno, posso dire che, sì, lui sapeva tutto quello che non abbiamo mai saputo noi. E se ti dico che lo sa, lui lo sa. Io lo so. Il tempo sembra un cerchio e adesso è troppo stretto, è così stretto che qualcuno deve pur andar via. Vado via io ché nei cerchi proprio non riesco a starci. No, proprio non ci sto.




[Tempo sbriciola
Giorni, sorsi piccoli
Vai, solo un passo e avrai
tutto quello che c'è]
(*)


(*) Controvento, Malika Ayane