28 settembre 2012

sorsi di nebbia, morsi di cielo e pezzi di me








Il cielo s’inzuppa in un mare di nebbia. Guglie scure avvolgono oscuri segreti in un fazzoletto di vapore. Li nascondono così. Si nascondono così, quando vogliono che nessuno le trovi. Le parole s’infrangono mute su scogli mai soluti. Il cielo scompare, in un istante. Scompare. È per sempre, pensi. Pensa a noi, dicono le guglie scure. Segretamente ti scontri  e rincontri scogli insoluti. Il cielo è scomparso. E non c’è promessa di guglia scura che possa far mutare idea e non ci sono parole. Non ci sono parole, non una. C’è solo un mare di nebbia che fluttua e accoglie il tuffo del cielo. Le guglie hanno smesso di fare promesse e gli scogli hanno perso tutti i dubbi che avevano, sono scivolati nel mare di nebbia. Come le guglie, un po’ più giù, dov’ è difficile andare, cercare. Dove toccare anche solo una parola richiede il coraggio di un tuffatore di Delo. Afferrarla, poi. Poi? Il cielo è un biscotto. Un grande biscotto azzurro che s’inzuppa in un mare bianco di nebbia. Lo mordo per quello che posso, stando attenta alle guglie e alle parole che non ci sono più. Il cielo è riapparso. Un pezzo è nella mia pancia e galleggia nel sorso di mare di nebbia che ho mandato giù insieme ai dubbi insoluti. Le parole, qualcuno dovrebbe andare a prendere anche loro, anche se non ci sono più. Qualcuno dovrebbe riprendere tutto. Qualcuno dovrebbe riprendere me. Un tuffatore di Delo, non altri. Tra un sorso e l’altro di nebbia, tra un morso e l’altro di cielo, tra un pezzo e l’altro di me.



27 settembre 2012

di patti segreti e passaggi un po' così


Angelo Savelli, Senza titolo




La matita scivola veloce sul piano bianco. Scivola e lascia una traccia netta e tante altre possibilità nell’ombra di una sbavatura distratta, poi un’altra e un’altra ancora. Potrebbe anche andare così, la matita svirgola in basso a destra. Prendo la gomma e cancello la sbavatura, ma le gomme e le matite, anche se nessuno lo sa, hanno un patto: lasciare passaggi segreti! Le sbavature delle matite sono passaggi segreti per chi crede ai fantasmi e alle tende che svolazzano senza spostamenti d’aria. Gli occhi corrono e scorrono strade invisibili, indicazioni incise su tavole di legno e tele bianche. Non lenzuola, quelle servono per svolazzare e spaventare. Buh! Ha fatto qualcuno dal sentiero a sinistra, scivolata della gomma con recupero accondiscendente della matita sorniona. Le matite e le gomme hanno un patto, non dimenticarlo mai. La traccia sembra netta, vuole essere netta, ce la mette proprio tutta a essere netta se non fosse per quell’assurdo patto e per quei passaggi segreti che di scomparire non ne vogliono proprio sapere. Un’altra cosa che devi sapere è che i passaggi segreti hanno osservato di nascosto i fantasmi e hanno imparato a scomparire, proprio quando li cerchi per assicurati d’aver eliminato ogni traccia. Non li trovi. Scomparsi. In un puff. Hai mai visto un fantasma che scompare per sempre? No. Funziona così anche per i passaggi segreti. Aspetta, tu hai visto un fantasma! Io no, ma credo nei passaggi segreti, ho una matita che svirgoletta a modo suo e una gomma che fa chiaro scuro quando le pare. Mi mancano i fantasmi, ma per quelli c’è tempo, ah se c’è tempo!




25 settembre 2012

Alla finestra



Incomunicabilità, visioni alla finestra di naimablu


Arriva la sera e arriva sempre quando c’è da arrivare, quando i pensieri si velano di quella strana magia che hanno i sogni. Anche quando la magia non c’è. Conti il giorno, lo conti battendo un dito sulle ore. Ogni ora, ogni pensiero. Ogni pensiero ha un suono, anche quando non vuoi ascoltarlo. Conti le assenze, i respiri a metà, i sorrisi strappati e quelli regalati. Conti tutto quello che c’è da contare o che non hai messo in conto. C’è sempre qualcosa che non torna. L’avevi messo in conto, questo, solo che non te l’aspettavi così salato. Arriva la sera e arriva sempre quando c’è da cantare. I pensieri hanno un suono e ci sono parole da trovare. Canti quelle che hai ascoltato, quelle che ancora  non sai, quelle che “meglio di no” e anche quelle che “forse sì”. Canti e qualche volta stoni, fa parte del gioco solo che ti sei stancato di giocare. Così, canti quel che c’è da stonare e vai via. Arriva la sera e arriva sempre quando c’è qualcosa da sperare. E inizi a svelare quello che non riesci dire, quello che hai paura di desiderare. Arriva, solo per poche ore, per farti contare, cantare, sperare. Va via. Arriva la notte e arriva sempre quando c’è qualcosa che non hai il coraggio di sognare. Accende le stelle, il sogno ha meno paura e tu pensi che se la sera ti porta via qualcosa, che non avevi messo in conto, la notte lo puoi ritrovare. Arriva la notte e arriva sempre per ascoltarti sognare. Arriva la notte e c’è sempre qualcosa da rincontrare.

21 settembre 2012

no, proprio no (... chissà)



Rafal Olbinski


Le cose speciali accadono in un giorno qualunque, uno di quelli che non ha chiesto di esserci. In una notte qualunque, una di quelle che non riescono proprio ad addormentarsi. In un tempo qualunque, uno di quelli che le lancette le usano come trampoli. Le cose speciali... oh, le cose speciali puoi credermi se ti dico che accadono anche quando pensi che no, proprio no. E se non accadono quando “sì, proprio sì” è solo perché vogliono sorprenderti in uno di quei momenti che “no, proprio no”. Adesso? Adesso, che momento è? Il momento che spegni la luce, ti avvicini alla finestra e, quando tutto è in silenzio, la apri piano, solo perché hai voglia di sentire che profumo ha questa notte. Le cose speciali accadono, ne sta accadendo una proprio adesso. Anche se non lo sai, proprio mentre pensi “no, proprio no”. Spalanca gli occhi e lasciali sognare.






... poi, ascolta e credi, se vuoi








19 settembre 2012

Abiti nuovi per indizi brontoloni ( ... e non )

Julio Ojea

 

Qualche volta nascondo piccoli indizi d’inchiostro in luoghi che faccio finta di dimenticare.
Qualche volta mi dimentico sul serio e gli indizi saltano fuori, per la collera, non per altro.
«Come hai fatto a non ricordarti? Mi avevi nascosto così bene!» mi dice stizzito il primo indizio vestito d’inchiostro.
«Lasciala stare, non vedi che espressione che ha, non la riconosci?», mi viene il soccorso il secondo indizio d’inchiostro.
«Per la verità, io, miei cari signori… »
«Non siamo signori, mia distratta signorina, siamo due indizi d’inchiostro blu, tu scrivi sempre tutto in blu. A tal proposito, vorrei farti sapere che a noi piacerebbe cambiar colore, di tanto in tanto», il primo indizio non conosce mezze misure, non me le manda certo a dire: me le dice e basta!
«Non immaginavo fosse un problema il blu, provvederò a cambiar colore più spesso, riguardo i nascondigli, giuro che stavolta proprio ce l’ho messa tutta a ricordare, ma non l’ho fatto apposta, mi ero sul serio dimenticata di voi».
«Smettila, non vedi che la metti in difficoltà?», il secondo indizio sembra volersi prender cura di me, vorrei ricambiare il suo interesse ricordandomi, ma non ricordo, proprio no.
«La prossima volta sta’ più attenta, altrimenti saremo costretti a saltar fuori così, in modo irruento. Che ci vuole a ricordare il nascondiglio di un piccolo indizio d’inchiostro?». No proprio fa fatica a essere gentile.
Ricordare, come se fosse sempre facile ricordare, come se bastasse vestire un indizio di rosso per trovarlo e sentirne il calore.
«Signorina, non lo dica a quell’indizio insopportabile, ma io non mi offendo se si dimentica di me o se usa sempre il blu per vestirmi. Io, quell’espressione tra le sopracciglia e il naso la conosco, come conosco la piega delle sue labbra e l’ampiezza degli angoli del suo sorriso e come so che non è proprio necessario che si preoccupi di darmi considerazione stasera. Sa cosa le dico? Appena si distrae un po’ scivolo via e chissà che quando ci rivedremo le geometrie del suo viso non siano cambiate. Lo lasci brontolare quell’indizio impertinente, quando avrà finito di dire tutto quel che ha da dire la smetterà».
«Perché mi dà del lei
«Perché, nonostante io sia nato in un luogo a lei molto caro, nonostante mi abbia dedicato cure ed affetto e nel ritrovarmi le riporterei ricordi di gioia, non è ancora tempo perché possa sentirmi tanto vicino da darmi del tu. Abito ancora un luogo distante dal suo cuore nonostante sia proprio lì che mi ha incontrato la prima volta. Volerò via e mi nasconderò bene perché non riesca a trovarmi, quando mi ritroverà, sarà la geometria del suo viso a dirmi come rivolgermi a lei, per il momento le auguro di trovare indizi brontoloni come il mio amico. Quelli come lui, possono permettersi di brontolare e di ignorare la geometria e le dirò di più, sono anche molto più simpatici di quel che sembrano. È tempo di andare adesso, ma ci ritroveremo».
Che strano quell’indizio, tanto preoccupato per me e altrettanto veloce a scomparire:
 “… abito ancora un luogo distante dal suo cuore nonostante sia proprio lì che mi ha incontrato la prima volta”, credo abbia proprio ragione e che, per stasera, chiuderò l’indizio brontolone in un bel nascondiglio da ricordare, dimenticherò il nascondiglio dell’indizio premuroso e cercherò nuovi colori per vestire altri indizi da nascondere e ritrovare, altrimenti, poi, saltano fuori: per collera, mica per altro!