29 dicembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 10


Grani impertinenti
… una tranquilla vita da giardino

 
- DECIMA PARTE - 

scarabocchio di naimablu

Sono le due.
Flaffy ancora non torna e credo che manchi poco perché io incontri nuovamente Morfeo.
Morfeo mi è simpatico, non l’ho mai visto, ma suppongo sia affascinante.
Come faccio a dire che mi piaccia?
Semplice, valuto la gioia con cui mi approssimo a schiacciare un pisolino.
Sono sempre felice quando vedo un bel lettino morbido, un divano comodo, una bella amaca, persino il materassino gonfiabile della pozzanghera in giardino.
Sì, mi piace dormire, che c’è di male?
Si è svegliata campanula e suona: Flaffy in arrivo…
«Eccomi!»
«Vedo?!»
«Mely, cosa ci fai con gli occhiali da sole? Poi, con “quegli” occhiali da sole…li hai presi dal fioraio?!»
«Flaffy, non essere indisponente!»
«Mi permettevo di darti una velata opinione sui tuoi nuovi occhiali, senza essere troppo diretto.»
«Se non la smetti, un diretto te lo piazzo in pieno viso!»
«Ho quasi paura a varcare la soglia … In ogni caso, toglili, sono le 2, è buio!»
«Ok, io li tolgo, ma tu entra dentro e spogliati.»
«Cosa? Così, senza mezzi termini, mi imbarazzi, sai?»
«Non farti venire strane idee, gnometto stiloso. Togli quel vestito scintillante e infila questa tuta, se vuoi che possa ancora far uso della vista…»
«Non penso tu sia invidiosa del mio abito, solo perché ti conosco bene…»
«Ecco, dovresti sapere, quindi, cosa pensi realmente del tuo abito…»
«Noto un pizzico di ironia.»
«Sarà il pepe che ti è rimasto sui vestiti, dopo la cena da Sandrino il birbantino. Racconta, cosa è successo?»
«Sono andato a prendere Loto sotto casa. Era bellissima, aveva indossato dei deliziosi orecchini di menta e aveva quel suo profumo così elegante che quasi…»
«Elimina i particolari inutili e vieni al sodo!Cosa sappiamo del Coso?»
«Domani mattina il Coso uscirà.»
«Questo, la tua Loto, te l’aveva già spifferato.»
«Sì, aumentavo la supsance…»
«Sono quasi le tre, se non ti sbrighi, aumenterò la tua necessità di avere un medico per amico. Ho violente intenzioni.»
«Ok, ok, vengo al dunque. Pare che il Coso sia ingrassato, ultimamente…»
«Flaffy, ho detto: STRINGI!»
«Quello che dovrebbe seguire una dieta è il Coso, io non ne ho bisogno…»
«Se ne potrebbe discutere, continua!»
«Mely! Pare che il nostro bizzarro vicino vada a correre, a giorni alterni, alle sei di mattina. Tra qualche ora dovrebbe iniziare l'allenamento.»
«Perfetto! Conosciamo il percorso?»
«Sì, uscirà dalla siepe di more e si dirigerà verso casa di…ah…»
«Di?»
«Bety…il mio adorato amore.»
«Togliti quella maschera da peluche con gli occhi a cuoricino, torna tra noi e studiamo insieme un piano.»
«Semplice. Tu ti apposterai nei pressi della siepe e io vicino casa di Bety. Utilizzeremo tre macchine fotografiche. Una la terrai tu, una io e l’altra a metà percorso, attivata con un pulsante a distanza. Non ci scapperà.»
«Potrebbe funzionare, anche se suggerirei di invertire gli appostamenti. Tu alla siepe e io vicino casa di Betulla ché tu potresti distrarti.»
«Non dire sciocchezze. Seguiremo il mio piano. Ti prometto che sarò vigile, se non riesci a fidarti di me in questa occasione, allora significa che la nostra amicizia dovrà essere messa in discussione…»
«Ok, ok, abbiamo due ore per riposare. Usiamole. Io mi fido, ma se ti distrai per ammirare la tua spilungona smunta, mi arrabbio!»
«Non accadrà. Fidati.»
«La mia fiducia in te, al momento, è inversamente proporzionale al sonno che ho….usa la matematica e capirai, intanto, apri il divano letto e sistemati lì.»
«Allora, hai detto: “inversamente proporzionale”… mmm … significa che, se non mi sbaglio, sì, dovrebbe essere proprio così, inversamente proporzionale…»
«Flaffy! Sta’ zitto e DORMI!»
«Va bene, dormo, ma questa cosa sulla matematica devo capirla…»
«Ok, pensaci domani, ma non durante l’appostamento.»
«Lo farò! Dormi bene, Mely.»
«Buon riposo a te, a fra qualche ora.»

[continua...]

22 dicembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 9


Grani impertinenti
… una tranquilla vita da giardino

 
- NONA PARTE - 




È tutto pronto, il bouquet per la spasimante di Flaffy, il thè per i biscottini allo zenzero e sono pronta anch’io.
Come: pronta per cosa?
Flaffy sta per arrivare e ha un appuntamento, quindi, avrà prestato particolare attenzione al look.
Se avete imparato a conoscere un po’ il mio amico gnometto, potrete immaginare perché lo preferisca quando si veste a caso …
Eccolo!
«Flaffy, dammi subito gli occhiali da sole. Sbrigati!»
«Mely, cos’è questa fretta? So quanto siano irresistibili i miei occhiali mascherina rouge, quindi scuso la tua irruenza. Non mi hai neppure salutato. Tieni, provali, ma non affezionarti troppo ché tra un po’ dovrai rendermeli.»
«Non temere, li riavrai in men che non si dica. Giusto il tempo di prendere i miei …»
«Non capisco, siamo in casa, a cosa ti servono gli occhiali da sole?»
«Ti sei visto? Ops, non credo tu ci sia riuscito, vista la luce che emani.»
«Sto per pensare male di te, Mely …»
«Intendevo dire che, con tutto quell’argento, troverei difficoltoso, riuscire a guardarmi allo specchio. Hai visto quanta luce rifletti?»
«Ti avverto, altre considerazioni come questa e non saremo più amici del cuore.»
«Flaffy, non devi prenderla male. Io intendo solo dire che tu non hai bisogno di quella bardatura argentata per splendere. Basta solo che tu sorrida per illuminare chi ti è accanto.»
«Ora ti riconosco!»
«Salvata in corner.»
«Sì, effettivamente l’ultima partita del Real Pandino è stata vinta proprio per un pelo. Ma...ora che ci penso: da quando sei un’esperta di calcio?»
«Dallo stesso tempo in cui tu sei un esperto nello scegliere la mise più sobria da indossare, per passare inosservato.»
«Quindi da tanto tempo e, se somigli almeno un po’ a me, significa che sei una fuoriclasse.»
«Ripetente?»
«Ho detto: sei una fuoriclasse! Hai problemi d’udito? Perché mi chiedi di ripetere?»
«Sento benissimo, molto di più di quanto tu veda.»
«Cosa?»
«Mi riferivo agli occhiali da sole, forse hai ragione, in casa non sono necessari.»
«Allora, hai preparato il bouquet per Loto?»
«Loto? Sei sicuro si tratti di una femminuccia?!»
«Non essere sciocca, Mely. L’hai vista anche tu: ha tutti i petali al posto giusto!»
«Ok, contento tu. Il bouquet è pronto. È composto di: valeriana, melissa e lavanda.»
«Questo non è un bouquet, ma un sonnifero!»
«È per metterla a suo agio, per farla rilassare. In ogni caso, infila in tasca questa radice di ginseng e se vedi che crolla, tirala fuori.»
«Chi ti ha consigliato questo bouquet?»
«Petunia…»
«Lo sospettavo.»
«Perché?»
«Abbiamo avuto una segretissima liason amorosa, la scorsa primavera. È durata solo poche settimane, poi, io mi sono innamorato di Marghe.»
«Flaffy! Anche Marghe?»
«Sì, ma con lei è stato un amore breve, ma intenso. Ricordiamo quel bel periodo entrambi, con piacere e senza rancori.»
«Ecco perché Petunia e Marghe non parlavano più. Eri tu la causa dei loro dissapori. Ho un amico infrangi cuori e non lo sapevo…»
«Come no? Dovresti immaginarlo al solo guardarmi.»
«Riuscissi a farlo…»
«Basta, parliamo di cose serie, altrimenti litighiamo. La bella Loto, mi aspetta. Non prenderà MAI il posto di Bety, nel mio cuore, ma devo accattivarmi le sue simpatie per continuare ad avere notizie sul Coso.»
«Come pensi di trascorrere la serata?»
«Andremo a cena da "Sandrino il birbantino"
«Flaffy, quello è il ristorante dei playboy!»
«Deve essere chiaro il tipo di relazione che voglio instaurare con lei. Sono consapevole del mio fascino e del fatto che il mio cuore è destinato a Bety. Loto è un caro fiorellino, non voglio si illuda e soffra.»
«Che uomo attento. Quindi, hai detto: cena, poi?»
«Poi ... una bella e lunga chiacchierata.»
«Chiacchierata? Dopo una cena da SANDRINO IL BIRBANTINO
«Non fare l’impicciona, mi costringi a dirti le stesse cose che ti ha detto il Coso.»
«Non osare esprimerti come quell’indisponente.»
«E tu non fare più domande. Avrai tutti i dettagli. Va be’, non proprio tutti, diciamo quelli salienti.»
«Se scopro che tutta questa storia è una scusa per far ingelosire Betulla, mi arrabbio!»
«Non è così. Ora fammi andare, la mia bella mi aspetta.»
«Di notte?»
«Mely, non essere sfrontata. Loto è una signorina seria!»
«La belle di notte sono fiori bellissimi, volevo farle un complimento. L’importante è che ci sia utile.»
«Lo sarà. Io scappo, tu cosa farai stasera?»
«L’albero di Natale. Lo so, sono in ritardo, ma la faccenda del Coso mi ha distratta e ancora non l'ho fatto. Non voglio che Abete trascorra queste feste senza il suo addobbo.»
«Mi dispiace non avere tempo per suggerirti come decorarlo. Non so, anche solo gli abbinamenti dei colori dei festoni.»
«Abete ringrazierà.»
«Ma se non posso aiutarti…»
«Appunto!»
«Meglio che vada, altrimenti…»
«Torna con buone nuove.»
«A stanotte, aspettami sveglia.»
«Contaci…»
Flaffy è andato.
Per fortuna, perché i miei poveri occhi non so ancora per quanto avrebbero sostenuto tutta quella luce.
Non mi resta che aspettarlo e, nell’attesa, andare a trovare Abete per addobbarlo.
Mi piace il Natale e sono contenta di curare il look delle feste di Abete.
È grande e grosso, ma tanto buono ed elegante.
È un piacere addobbarlo, tutte le volte, facciamo sempre una bella chiacchierata.
Il momento più difficile è quello in cui posiziono la punta, ma è anche il più bello perché lui mi aiuta a salire, facendomi scivolare sui suoi rami. Senza farmi cadere, s’intende.
Chissà il Coso se festeggia il Natale, se anche lui ha un amico Abete di cui occuparsi e che regali sceglierà per i suoi amici.
Che sto dicendo!
Antipatico com'è, il Coso, trascorrerà il Natale da solo e senza far regali a nessuno.
Ben gli sta!
Se fosse stato più simpatico, lo avremmo invitato alla nostra festa, ma non succederà.
Mai!


scarabocchio di naimablu




[continua...]

15 dicembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 8



Grani impertinenti
… una tranquilla vita da giardino

- OTTAVA PARTE -



http://www.omnicomprensivo.it/forum/articoli/naimablu/grani-impenitenti-9.jpg


scarabocchio di naimablu

Dopo aver lasciato Petunia ai suoi immotivati sospiri, affidati unicamente alla sconfinata fiducia nella presunta avvenenza del Coso, mi sono avviata verso la casa del nostro nuovo inquilino per invitarlo alla festa.
C’è da dire che la siepe di more, è sempre stato il luogo più sinistro del giardino.
Nessuno vi si avvicina frequentemente, un po' per le spine, ma anche per quell'atmosfera cupa e tetra che l'avvolge.
Era sfitta da tanto tempo, il proprietario aveva pensato di raderla al suolo, ma non disponeva delle sostanze necessarie per poter affrontare la spesa, così, come ultimo tentativo, aveva pubblicato un annuncio d’affitto sul Gazzettino del vicino malandrino.
Nel giro di poche ore, aveva ricevuto un contatto e la siepe era occupata da un nuovo inquilino.
Il Coso, aveva già fatto parlare di sé durante le fasi del trasloco.
Non solo, nessuno di noi era riuscito a vedere lui, ma anche il suo arredo o tutto quello che aveva portato nella sua nuova abitazione era avvolto dal più totale mistero.
La redazione del Gazzettino del vicino malandrino aveva soltanto detto che Pero, il proprietario della siepe, aveva telefonato per chiedere di eliminare l’annuncio perché non c’era più bisogno fosse attivo.
La velocità con cui la siepe di more era stata affittata, aveva insospettito anche i cronisti del Gazzettino, soprattutto perché, quando avevano contattato Pero per chiedergli informazioni sul suo nuovo affittuario, questi, aveva soltanto detto che era stato pagato profumatamente, in tempi brevi attraverso un corriere espresso, e che a lui non interessava sapere di più.
E quando gli avevano fatto notare che prima o poi avrebbe dovuto dichiarare chi stesse occupando la sua siepe, aveva semplicemente detto: «Ops, non ci avevo pensato. Non mi crederete, ma cado dal pero!».
Dopo, questa considerazione, i cronisti del Gazzettino del vicino malandrino (e non solo) avevano capito che Pero non avrebbe mai potuto essere utile per ottenere informazioni o anche solo acute osservazioni sul caso del Coso.
Sta di fatto che, dal giorno del suo trasloco, il Coso è diventato l’argomento di discussione più in voga tra di noi e che la curiosità su chi sia, cosa sia, e perché sia qui è aumentata sempre più.
Ritorniamo alla volta in cui sono andata a invitarlo per la festa in suo onore.
Mi sono avvicinata alla siepe di more, e ho subito cercato un campanellino per bussare.
L’ho trovato!
Nascosta tra le spine, c’era una campanula viola e, senza perder tempo, l’ho suonata.
Il tempo di un dlin dlon e il tepore di quella bella giornata di primavera è stato soffiato via dal più gelido dei venti del nord.
«Chi disturba?»
«Salve, so che non mi conosce, ma sono una delle sue vicine d’aiuola. Mi chiamo Mely.»
«Non te l’ho chiesto!»
«È buona educazione presentarsi. Lei, come si chiama?»
«Fatti gli affari tuoi, impicciona!»
«Non sia così ostile, vengo in pace e per invitarla al party che si terrà in suo onore.»
«E chi te l’ha chiesto!»
«Nessuno, ma noi abitanti del giardino siamo soliti organizzare una festa di benvenuto per i nuovi vicini. Lei si è trasferito solo da una settimana, abbiamo notato che non esce, vorremmo sapesse che siamo felici sia qui con noi.»
«Aspetta a dirlo, fiocchettina!»
«Fio … che cosa?!»
«Poche chiacchiere. Non voglio nessuna festa, non mi interessa se vi sono o meno simpatico. Vi osservo tutti i giorni e non c’è nessuno di voi che mi vada a genio. Se volete fare quella stupida festa, fatela pure, ma non verrò. E vi avviso: chiudete le danze entro le ventiquattro, altrimenti vi faccio ballare in gattabuia, dopo avervi denunciato per rumori molesti. Non fate scherzi, io vi osservo! Adesso sgomma e attenta a non inciampare nel nastro, fiocchettina!»
«È un insolente e un ingrato! Stia attento, lei. Chi ha problemi a mostrarsi alla luce del sole, fino a prova contraria, non siamo noi. Sappia anche che indagheremo sul suo conto e se ha qualcosa di marcio, la espelleremo dal giardino. Arrivederci, ne stia pur certo!»
«Mi hai spaventato, sai? Uhhhh … che paura. Come femminuccia, sei alquanto audace, insomma, guarda quanta foga solo per vedermi in tutto il mio splendore. Non illuderti, fiocchettina, sei troppo indisponente per essere il mio tipo. Adesso, però, togli il disturbo e di’ ai tuoi amichetti di non infastidirmi ulteriormente. Addio.»
Ecco, questo è stato il mio primo incontro con il Coso.
Al mio ritorno tra gli altri abitanti del giardino, nessuno credeva che il Coso fosse davvero tanto antipatico, qualcuno aveva anche avanzato l’ipotesi avessi potuto indisporlo io.
Petunia, addirittura, per qualche giorno non mi ha rivolto la parola, accusandomi di averle rovinato il suo sogno d’amore, per fortuna, poi, ha preso una sbandata per mio cugino Melo. Sarebbe stato un altro palo, sì, una palla goal mancata o una bella trave in testa, mettetela come volete, ma fin quando Petunia avrebbe continuato a fidanzarsi senza comunicarlo al diretto interessato, non credo avrebbe avuto esperienze in cui poter esultare o schivare bernoccoli.
A proposito di Petunia, avrebbe potuto aiutarmi lei con il bouquet di erbette assortite per Flaffy.
Il mio amico stava per tornare, mi avrebbe illustrato il suo piano per incastrare il Coso, prima di andare a fare “pubbliche relazioni” con la commessa del negozio d’abbigliamento sportivo.
Speriamo solo Flaffy si sia vestito bene per l’appuntamento …



[continua...]

14 dicembre 2011

Giovedì





È giovedì.
In un luogo che non è importante sapere, in un mese che possiamo anche non dire, in una vita che l'ha visto arrivare, senza più ricordare da quanto lo aspettasse.
Aspettava, non sapeva se sarebbe stato proprio un giovedì, non era importante, purché arrivasse ed era arrivato.
All’improvviso, segnato con tratto incerto su un foglio, ormai sgualcito dall’attesa, quasi stinto sulla carta, ma non nei pensieri di Lei.
Non aveva dimenticato, non poteva né voleva, ma l’aveva confinato in quell’angolo del cuore che si fa finta di non ricordare di visitare.
Qualche volta, però, Lei c’era stata. Distrattamente, stando attenta a non toccare niente ché si sa: certe cose è meglio non spostarle con il rischio di tirar su qualche macchia o comunque un po’ di polvere.
La macchia c’era, non era mai andata via, neppure la più spessa coltre di polvere, sedimentatasi nel tempo, avrebbe potuto nasconderla.
Quella macchia era lì e Lei la vedeva, lo sapeva.
Aveva penetrato le trame del suo cuore per dodici lunghi e dolorosi anni, conquistando, nel tempo, sempre più spazio, fin quasi a soffocarlo.
Lei e la sua macchia, Lei e quell’amore che non la lasciava andare.
L’aveva legata a sé nella bellezza dei suoi diciotto anni, nell’incoscienza che schiaffeggia la ragione e affonda, bramosa, nella passione.
Senza paura, l’aveva amato, con il cuore che le gridava di voler esser sua, con le promesse che non si curano dell’incertezza del cammino, con quel corpo che fioriva nella fusione con l’altro, indissolubile parte di sé.
Lui era il suo presente vivo e il suo futuro da sognare.
Lui l’amava, a Lei bastava questo per non aver paura.
Non ne aveva mai avuta, neppure quando un giorno sentì il suo cuore battere per due.
La notizia della vita, per Lei.
L’intralcio ai suoi programmi, per Lui.
Lei, continuava a non aver paura, continuava a raddoppiare i suoi diciotto anni anche per Lui.
Lui era con lei, ma già non c’era più, rincorreva i suoi desideri senza fermarsi a cullare quel sogno, che batteva all’unisono con il cuore di Lei.
Il futuro di Lei nel suo ventre.
Il futuro di Lui nelle sue dita votate alla musica. Una passione da inseguire nella totale libertà del cuore e del corpo, la passione della sua vita,  più forte della vita stessa.
Un futuro che non li avrebbe visti insieme.
È giovedì, in una vita che non si è più abbandonata all’amore, nel tremore di due mani che non riescono a riposare.
Un biglietto, poche parole e un appuntamento a cui decidere se voler appartenere:

Ho solo la speranza che tu voglia ascoltarmi.
Null’altro che questo e la consapevolezza tu possa negarmelo.
Capirei, soffrirei, ma capirei.
Giovedì sarò da te, spero tu mi permetta di vederti, per me sarebbe importante.


Lei e i suoi pensieri in questo giovedì, le sue paure che le stringono il respiro, la rabbia che zittisce il cuore, le mani che non riescono a smettere di cercare qualcosa da poter torturare, le gambe che percorrono quell’attesa come su una distesa senza fine.
È nervosa, se potesse accarezzarsi le ferite, le vedrebbe sanguinare come dieci anni fa, ma non può neppure medicarsi, sanguinano e non le può tamponare.
Ha imparato a sopportare il dolore.
Ha dovuto farlo soprattutto per quella vita che ha voluto stringere e sollevare con le sue sole braccia.
Quella piccola vita venuta al mondo senza chiedere il permesso, era stata la sua forza, l’unico dono di Lui, cui non avrebbe mai voluto rinunciare.
Adesso è giovedì, stride nel tintinnio del campanello e nelle esitazioni di Lei.
Lei e il suo appuntamento.
Lei e il suo giovedì cui ha deciso di appartenere.
“Andrà tutto bene” si dice, mentre affonda la maniglia e spalanca lo sguardo su di Lui.
È lì, la guarda come se il tempo non fosse trascorso, con gli occhi adombrati da qualcosa che ancora non sa spiegarsi.
Lo guarda, lo sguardo è rigido, severo.
Gli parla, il tono della voce è duro.
Lo ascolta, distante, senza riservargli nessuna amorevole accoglienza.
Lei è lì, immobile e ha una storia da ascoltare.

Ascolta la storia di un ragazzo che amava, a cui sentiva d’appartenere. Il compagno di un cammino pieno di promesse da realizzare. Colui che la stringeva nel suo presente vivo e l’avrebbe accompagnata nel suo futuro da sognare. Il padre di quel cuore che, dodici anni prima, batteva insieme al suo.

Ascolta la storia di un ragazzo che aveva una passione, una passione che non era lei. Aveva un sogno, ma non era con lei. Voleva un futuro, ma non in quella piccola vita che stava venendo alla luce.

Ascolta la storia di un giovane cuore pentito, di un uomo che ha realizzato il sogno della sua vita, perdendo per sempre l’amore, di un padre che si è accorto tardi di avere un figlio da amare. Di un cuore ormai solo.

Ascolta la storia della preghiera di un perdono, difficile da donare.

Lei ha ascoltato, ricordato, guardato in faccia quel dolore che non la lasciava andare.
Non riesce a perdonare, non riesce a voler essere parte di un altro dolore. Un dolore che non sente suo.
Guarda Lui, per l’ultima volta, sapendo dell’impossibilità di un ritorno, senza sentirsi in colpa.
Uno sguardo a quel passato che, adesso, può lasciar andare e la voglia di guardare avanti per poter vivere, senza doversi più fermare a ricordare.
È un giovedì che sta per andar via, non importa in quale luogo o in quale tempo, ma nella vita di Lei è un giorno nuovo da cui poter ripartire.






[A questo racconto è stato assegnato il terzo premio del concorso letterario "Caffè Blues", organizzato dall’"Art Cafè" di Maglie (LE) ]


8 dicembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 7

Grani impertinenti
… una tranquilla vita da giardino
 
- SETTIMA PARTE -


scarabocchio di naimablu


Flaffy e quella sua assurda teoria sul fatto che il Coso dovrebbe interessarmi chissà come.
L’unico motivo per cui ne parlo così tanto è che non sopporto quel suo modo arrogante di trattare noi vicini e la sua maleducazione nel non volersi mostrare.
Chi non si mostra ha sicuramente qualcosa da nascondere.
E se fosse lesivo per tutti noi?
Del resto, sulle sue mantelline ci sono teschi e non fiorellini.
Sì, teschi simpatici, probabilmente innocui, ma, visto il soggetto, non c’è da star tranquilli.
Poi, per dirla tutta, uno scoop per il Gazzettino del vicino malandrino, farebbe comodo anche a noi.
Io potrei iniziare a realizzare il mio sogno, muovendo i primi passi come cronista, e Flaffy lanciare la sua attività di stilista, arricchendola anche delle capacità come fotografo.
Senza contare che potremmo investire il compenso ricevuto, in cambio della foto, per ravvivare il giardino.
Ne trarrebbero beneficio tutti, anche il Coso e Betulla … ahimé.
Oltre allo spiacevole episodio con lo zucchero, di cui ho raccontato, il Coso è stato protagonista di altri avvenimenti antipatici.
In giardino siamo abituati a organizzare delle bellissime feste d’accoglienza per i nuovi abitanti.
Quando il Coso si è trasferito qui ne abbiamo organizzata una anche per lui.
Marghe e Petunia avevano persino composto una ghirlanda di erbette per accoglierlo, Pioppo si era occupato della musica, essendo il dj più in vista tra i giardini, Betulla si era proposta di ballare sul cubo, questo, però, più che un regalo al Coso, l’ha fatto a sé stessa, vanitosa com’è…
Flaffy aveva preparato i suoi biscottini allo zenzero e si era proposto come curatore d'immagine per Betulla, io avevo pensato alle decorazioni e all’organizzazione dell’evento.
La festa era pronta per essere allestita, avevamo pensato davvero a tutto, meno a una cosa: invitare il Coso!
Poco male, il party si sarebbe svolto tre giorni dopo e avremmo anche potuto posticiparlo, se il Coso avesse avuto problemi.
Del resto, non era mai successo che qualche nuovo inquilino del giardino avesse rifiutato la festa di benvenuto in suo onore.
Essendo la pr del giardino, sono andata a invitarlo io.
Non l’avessi mai fatto.
Ricordo che era un giovedì di primavera, in giardino eravamo al meglio di noi, indossavamo gli abiti più vivaci e io avevo un bellissimo colorito.
Tutto era pervaso da un tepore discreto e avvolgente e il sorriso era conseguenza naturale di questa condizione gioiosa.
Nulla poteva turbare quell’atmosfera così amichevole.
Non conoscevamo ancora il Coso.
Mentre Flaffy era occupato ad approfittare della sua mansione di curatore d’immagine per Betulla, Pioppo fingeva d’esser geloso di lei, ma faceva gli occhi dolci a Marghe, Petunia mi è corsa incontro con la ghirlanda per il Coso e mi ha chiesto: «Mely, credi che abbia scelto bene le erbette? Non ti sembra troppo verde questa ghirlanda?».
«Non vedo come potrebbe esser d’altri colori, l’erbetta è verde!»
«Hai ragione Mely, è che sono emozionata.»
«Petunia, ma se non sappiamo neppure come sia questo nuovo inquilino, aspetta almeno prima d’avergli dato un’occhiata per tremare d’emozione. No?»
«Attenderò, ma qualcosa mi dice che sarà un tipo originale.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Certe cose si sentono e sai che io sono sensibile ai segnali del destino.»
«Già, ti conosco. Proprio per questo, io aspetterei prima di entusiasmarmi troppo.»
«Non puoi riferirti sempre a quella volta. Lì non mi ero concentrata bene, ecco.»
«Diciamo pure che la concentrazione era andata a farsi un giro nel guardaroba di Flaffy, per quanto era confusa.»
«Non è colpa mia se non esistono più i Pini di una volta!»
«Nel caso di quel Pino, si percepiva a priori che si trattasse di più di una pigna.»
«Mely, non era proprio tonto, dai!»
«No, sembrava solo che lo avessero usato come pendolo, all’interno di una campana, per quanto era rintronato. Ce n'eravamo accorti tutti, tranne tu.»
«Perché voi non avete un animo fiducioso come il mio, solo per questo. Siete snob!»
«Oppure più svegli di te, sicuramente più di quel Pino.»
«Lui voleva solo essere utile e far colpo su di me.»
«Per poco il colpo lo faceva venire a noi e c'è mancato tanto così, perché trasformasse il nostro giardino, nella “Fiera del porcellino sbarazzino”. Dimmi tu, come si può pensare di fare un restyling alle nostre aiuole, impregnando i suoi aghi di vernice ROSA e scuotendosi all’impazzata, sperando che tutto venga dipinto in maniera uniforme!»
«Almeno, lui ci ha provato!»
«Con il risultato che persino Flaffy che, come sappiamo tutti, è elastico sull’uso dei colori, voleva eliminarlo, quando si è trovato completamente tinto di rosa.»
«Aveva appena iniziato a scuotersi.»
«E meno male! Altrimenti, avremmo avuto il giardino più ridicolo del mondo.»
«Non sei affatto romantica!»
«Perché mai?»
«Rosa è il colore dell’amore.»
«Anche quello dei porcellini.»
«È inutile parlare con te, tu certe cose non le comprendi. Era chiaro come Pino volesse dichiararsi a me con quell’idea del restyling rosa. Voi gli avete smorzato l’entusiasmo, fino a farlo rinunciare. Il risultato è stato che la rinuncia si sia estesa anche alle intenzioni di conquista verso di me.»
«Pino è scappato con Orchidea Selvaggia, lo sai? Ti invito a riflettere, uno che scappa con una così, può mai avere intenti romantici?»
«Solo perché ha capito che il suo romanticismo non sarebbe mai stato compreso. Avete contribuito all’estinzione dei romantici, dirottando Pino, ormai deluso, verso Orchidea Selvaggia: un nome, un programma! Ma non parliamone più, ormai ho superato. Il mio cuore, adesso, è libero. Sento che il Coso, saprà affascinarmi e sarà un tipo irresistibile.»
«Io, invece, sento che dovresti fare una visita dall’otorino. Se dovessi sentire allo stesso modo che per Pino, staresti fresca.»
«Non ne ho bisogno, la temperatura che c’è mi piace. Non voglio sia più fresca.»
«Era un modo di dire … Riguardo il Coso, staremo a vedere. Innanzitutto, dovremmo sapere, almeno, cosa sia. Da quando è arrivato nessuno l’ha visto. Si è rintanato dietro il cespuglio di more e non è mai uscito o l’ha fatto di nascosto. Sto andando a invitarlo, ti racconterò che impressione mi ha fatto.»
"Impressione", credo sia la parola giusta da associare al mio primo incontro con il Coso.



[continua...]