24 novembre 2011

dis-attese


Attesa, Irene Salvatori



Certe sere suonano una musica triste. Ci sta. Sta nevicando, lo sai? Come un 14 dicembre di un tempo qualunque. Ci sono un quaderno blu e un pensiero ad alta voce. Zitto! Dovrei intimargli, ma io no. Lui no. Lui dice, approfittando di un respiro rubato. Tra un fiocco e l’altro. Ruba quello che non so di avere. Tu sai trovarlo. Io no. Io sto solo per andar via. Tu no. Resta, anche se non ci sono più. Per tutte quelle cose che non so di avere, e che non avrò mai. Le sai tu. Certe sere ascoltano una musica triste. Mentre sei in un’altra vita. Quando penso che ti potrei aspettare. Arriverai puntuale, tu. Io no.


20 novembre 2011

E sei



Equilibrista I, di Miss Mao




Succede che. Cosa, come, chi? Chi. Chicchiriccava il gallo, e non erano le sei. Alle venti in punto, in punta di piedi. Scalzi. Un passo alla volta e l’esitazione infilata nella tasca della giacca blu delle occasioni migliori. Se c’è occasione, altrimenti puoi cercarla. Puoi cercarmi. In fondo alla tasca, tra le cuciture di un pensiero sfilacciato. C’è un filo. Non è più rosso, non ne ha bisogno. È blu, come il suono di alcune sere attorcigliate all’uncino di un punto interrogativo. Ciondola nella sua danza migliore. Scivola su una risposta, al riparo dal dolore. Ti riconosco e ti accarezzo, anche se fa male. Sono le ventiquattro. E sei. Un pensiero in equilibrio su una lama


17 novembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 6

Grani impertinenti
… una tranquilla vita da giardino

 
- SESTA PARTE -


scarabocchio di naimablu


«Mely, non riesco a non pensarci… »
«Neppure io, Flaffy.»
«Sul serio?»
«Sì, è un chiodo fisso. Immaginare, poi, anche le sue nudità… ORRORE!»
«Mely, che dici? Non essere sconcia! Ho persino pudore a immaginarle quelle nudità… »
«Non sono io a essere sconcia. Io quando corro, non uso solo una discutibile mantellina con i teschietti che, nudità a parte, sarebbe già un buon motivo per ritenere oscena quella figura inquietante! In ogni caso, non avrei mai sospettato avessi certi gusti, in fatto di nudità… »
«Cos’hai capito! Io parlavo di Bety.»
«Io no!»
«Vedo.»
«Vedi? Nonostante quegli occhiali così invadenti?»
«Non hai gusto.»
«O tu ti sei ustionato la lingua… »
«La mia lingua è ok, sei tu che non comprendi eleganti dettagli glamour. Questa è l’ultima moda nei giardini di Parigi.»
«È perché dovremmo subirla anche qui? Abbiamo la fortuna si sia fermata a Parigi, magari cambia idea e non arriva da noi. Che ne sai.»
«Sei troppo tradizionalista, amica mia. Dovresti osare di più!»
«Indossando occhiali così? Per rischiare l’internamento o la detenzione per atti osceni in luogo pubblico?»
«Eh?! Mi stai offendendo… »
«Ehm… Flaffy, devi fartene una ragione: Betulla non ti ama! Sì, avete avuto la vostra occasione, ma non è andata: fine, basta, stop!»
«Mi amerà, lo so.»
«Cosa te lo fa supporre?»
«Il nostro primo appuntamento.»
«Non c’è mai stato.»
«Appunto, posso ancora giocare le mie carte.»
«Flaffy, tu non sei un asso nelle carte… »
«Sono un campione.»
«Sì di asso piglia tutto, nel circolo del giardino.»
«Per far colpo ci vuole qualcosa tipo il poker, non l’asso piglia tutto!»
«È un gioco incompreso. Ci vogliono tanto ingegno e astuzia.»
«È il gioco più elementare del mondo.»
«Il mio club mi adora.»
«Come si chiama il tuo club?»
«Si chiama: “Prendi tutto ciò che puoi e poi scappa via da noi”, ma che c’entra?»
«Non credi che il nome del tuo club voglia comunicarti qualcosa?»
«No, non credo. Vogliono sempre che vinca, il più possibile. Infatti, sono diventato il membro del club più in vista, tanto che il direttore mi ha anche detto che il tempo dello “scappa via da noi” è giunto.»
«Vedi? Che ti dicevo… »
«Cosa vorresti dire?»
«Punto e a capo, anche con Betulla.»
«Bety è un sogno.»
«Incubo, vorrai dire. Quando mette quell’ombretto color melanzana, mi vengono i lividi solo a guardarla.»
«Mely, non essere invidiosa di me.»
«Io, invidiosa di te?»
«Anche tu troverai il tuo amore.»
«Ma anche no! Ho altri pensieri per la testa. Il Coso, per esempio.»
«A pensarci bene… Mely, questa tua ostinazione nei confronti del Coso potrei anche interpretarla come qualcosa di più che semplice senso di giustizia. Non mi stai nascondendo qualcosa, vero?»
«No, voglio solo scovarlo!»
«Bene. Ti ho detto che ho un piano.»
«Spara.»
«Boom!»
«L’hai già fatto, sei ripetitivo.»
«L’intonazione era diversa.»
«Non fai ridere.»
«Secondo me, sì.»
«L’importante è esser convinti.»
«Faccio finta di non aver sentito.»
«Allora, questo piano?»
«Domani mattina, le previsioni meteo hanno detto che la temperatura sarà gradevole, ma sarebbe meglio portare con sé un soprabito perché potrebbe abbassarsi.»
«Cosa c’entrano le previsioni meteo?!»
«Sono fondamentali. Suggeriscono che domani la mantellina sarà d’obbligo. Il Coso ci tiene tanto a indossarla, sicuramente uscirà per sfoggiarla.»
«Giusto!»
«La commessa del negozio di articoli sportivi, mi ha detto che il Coso ha ordinato altre mantelline e ha chiesto che gli vengano consegnate nel pomeriggio perché in mattinata non avrà modo di ritirarle.»
«Bingo!»
«Meglio la tombola.»
«È antica.»
«Meno di te.»
«Flaffy!»
«A proposito, adesso devo scappare, devo andare a scegliere un abito nuovo. Torno tra qualche ora e pianifichiamo tutto. Tu preparami un bouquet di erbette assortite per stasera: esco con la commessa del negozio sportivo. Pubbliche relazioni.»
«Chiamale così …. a dopo.»
Mentre il coso...


scarabocchio di naimablu


[continua...]

10 novembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 5


Grani impertinenti
…una tranquilla vita da giardino

- QUINTA PARTE -

scarabocchio di naimablu


Betulla è il chiodo fisso di Flaffy, e non mi riferisco a quello bianco da cui non si stacca mai!
Eccolo lì, il mio amico del cuore, che mi dice di avere un piano sul Coso, che nemmeno si accorge che la commessa di quel negozio è cotta di lui, che mi porta i biscottini allo zenzero e fa finta di niente.
Già, fa finta di niente.
Io però, lo conosco troppo bene, anche se non vuole darlo a vedere, soffre. Per cosa, poi?
Per quella spilungona dal capello triste, con lo sguardo cattivo e antipatico e il sorriso a trattino che ti verrebbe voglia di chiuderglielo con una zip.
Pensate sia troppo cattiva?
Bene, vi racconterò qualcosa e sarete voi a giudicare.
Betulla è arrivata qui non molto tempo fa.
Il tempo di mettere radici e ha iniziato a socializzare, a modo suo.
Vi spiego quale sia il suo modo.
Si fa portatrice del motto: ti dirò la verità, sempre e comunque.
Un motto che io sento di condividere e rispettare, un atteggiamento che a me fa piacere, ma: è davvero necessario dire proprio tutta la verità?
Per Betulla: sì.
Me ne sono accorta la prima volta che, incontrando Marghe le ha detto, con tutta la nonchalance di questo mondo, che avrebbe fatto meglio a usare un cappello piuttosto che esibire quei petali secchi e sciupati che, al massimo, avrebbero potuto conquistare uno spazzolone.
Marghe, che è un tipo sensibile, ha iniziato a piangere e i suoi petali hanno rischiato di appassire, inzuppati nel lago dei suoi inconsolabili lacrimoni.
È stata simpatica anche con me.
La prima volta che l'ho vista ho cercato di socializzare, invitandola a bere un thè da me.
Per rendere più accogliente l'invito, le ho detto che avrebbe trovato anche i biscottini al cioccolato e che, se la avesse fatto piacere, avremmo potuto chiacchierare delle nuove tendenze cosmetiche.
Ecco, la cosa dei cosmetici l’ho inserita solo per creare quel clima di complicità che si crea sempre tra le più giovani, per farla sentire a suo agio e, per dirla tutta, anche per non metterla in difficoltà con argomenti troppo impegnativi. Non mi ha mai dato l'idea di poter azzardare la discussione di questioni esistenziali.
Ebbene, credo d’averla messa troppo a suo agio...
Appena finito di parlare, mi ha guardata dalla testa ai piedi, ha sospirato e mi ha detto: «Proporrei delle barrette dietetiche da abbinare a del thè, rigorosamente, senza zucchero. Ci tengo alla linea e dovresti avere maggior cura della tua, anche tu: con qualche centimetro in meno saresti molto più carina.
Ovviamente i centimetri in meno non riguardano l’altezza, lì si può davvero poco. Sul trucco, più che qualche consiglio, dovremmo stabilire delle vere e proprie lezioni. L’abuso di fard che fai è ingiustificabile!».
Ho dovuto far ricorso a tutte le mie risorse zen per evitare di esprimerle il mio pensiero nella sua genuina interezza.
Il mio abuso di fard è sicuramente più giustificato del suo abuso di idiozie e maleducazione, senza contare che i centimetri in meno che ha lei, sono quasi certa, le siano stati sottratti in materia cerebrale.
Inutile dirvi come quello sia stato il mio primo e ultimo thè in compagnia di quell’arpia.
Gli effetti collaterali, più catastrofici, li ha vissuti Flaffy.
Voi lo vedete vestito da duro, sforzatevi almeno un po' di vederlo così, lo so, non ci riuscite e più che un pugno da macho, lo immaginate dare un graffietto da micio.
In ogni caso, Flaffy, ci tiene a dare sempre un’immagine moderatamente aggressive e, secondo lui (solo secondo lui), sexy di sé.
Desiderava anche la capellona smunta lo vedesse così e ce l’ha messa tutta.
Andiamo con ordine, ora vi racconto come Flaffy ha capito di amare (?) Betulla, senza ritenere di doverla mettere al corrente della cosa.
Quando Betulla è venuta ad abitare qui, il Gazzettino del vicino malandrino, l’aveva fotografata e messa in copertina come: bella e impossibile del mese di maggio.
Lo confesso, nonostante la mia natura spiccatamente intellettuale e le mie letture impegnate, sono abbonata anch’io al Gazzettino del vicino malandrino, ma non deve saperlo nessuno: ho una reputazione da difendere!
Lo leggo in gran segreto, solitamente lo nascondo nel cassetto delle posate d’argento, quelle che non prendo mai, quelle così pesanti che solo il pensiero di tirarle fuori ti fa metter su muscoli.
Vi affido un segreto: quando mi sento in colpa per aver mangiato qualche biscottino in più, penso alle mie posate d'argento ed è come fare pesi, senza nemmeno dover indossare la tuta: geniale, direi!
Una mattina, il corriere che consegna i giornali, ha bussato alla mia porta e, senza neppure dirmi “Buongiorno”, ha lanciato il giornale in casa.
Doveva essere un lanciatore professionista, nonché campione di nascondino perché, una volta entrata in casa, non sono riuscita a trovare il giornale.
Poco dopo, ha suonato Flaffy.
Gli ho aperto, lui è entrato e si è accomodato sul divano, gambe accavallate, braccia aperte ed espressione da: “Guarda come sono irresistibile oggi. Eh!”
Eh! Appunto.
So che morite dalla voglia di saperlo: pantaloni verde pistacchio a zampa d’elefante, camicia tigrata color melanzana e argento, stivali old west e occhiali da sole a goccia gialli.
Lo avete pensato, vi ho sentiti, non lamentatevi, ora, di ciò che avete immaginato pensando al look di Flaffy.
Flaffy, però, mi sembrava insofferente, si agitava sul cuscino, affondando la mano sul retro, dopo poco, è comparso: il Gazzettino del vicino malandrino era tra le sue mani.
Ero stata scoperta e non potevo più nulla!
«Mely, non me lo sarei mai aspettato! Tu che leggi soltanto libri che io userei come fermacarte, per quanto sono pesanti, e che sei abbonata alla Rivista degli snobcascasseilmondo. Ecco come non si finisca mai d'esser sorpresi...» mi ha detto con fare sornione.
Mi sono sentita spacciata, ma è durata poco, il tempo di balbettare un timido e colpevole: «Veramente, io…» che Flaffy ha tolto, con un gesto cinematografico, i suoi occhiali improponibili per esclamare, sospirando: «È bellissima, deve essere mia. La amo e lei ama me, lo so!».
Parlava di Betulla, il lanciatore esperto di nascondino, non mi aveva lasciato il tempo di guardare la copertina, invasa da una mega foto di Betulla: antipatica e insipida, come al solito.
È così che è iniziata la melodrammatica infatuazione di Flaffy per la “sua”(solo secondo lui) Bety e, di conseguenza, i miei guai come migliore amica dell’innamorato non corrisposto.

[continua...]

8 novembre 2011

In blue


Chiaro di luna, Munch


La musica offriva riparo a una notte che non voleva ritrovare il suo blue.

In questa lettera non scriverò quello che vorrei dirti. Non ci riuscirò, neppure stavolta. Mi conosco e so che tra un po’ parlerò di quanto siano capricciose le nuvole stasera, di tutto quello che si può vedere attraverso i graffi del vapore su una finestra e di quanto sia bello ricamare un sogno in un cielo stellato. No, non parlerò di te, non ci riuscirò, come sempre. Così, farò finta di voler ricordare quella sera d’estate in cui i grilli hanno deciso come avremmo dovuto battere i piedi su quel viale di campagna. Volevamo ballare un tip tap. Per ballare il tip tap bisogna far rumore. Tip tap tip tap tip. E il rumore? Non c’era, insieme, noi, eravamo suono. Tip tap tip tap tip. Battevano i piedi, mentre i grilli facevano rumore. Quello che non riuscivamo a fare noi, quello che mancava alle nostre scarpe incipriate dalla polvere del viale. Polvere. Come quella che respiro tutte le volte che penso a quell’istante. Non respiro. Lo vedi? Non ci riesco. Così, ti dirò che vorrei ancora poter contare su quel filo rosso che pensavo non si sarebbe mai spezzato. Ricordi quella leggenda lontana? Si racconta che per ognuno di noi ci sia un filo rosso che ci riconduca all’altro. Ovunque sia. Ovunque. E tu mi hai trovata. Mi ero nascosta bene, nessuno doveva sapere dove fossi, nessuno. A te, però, non la si fa. Ci ho provato, ho sparso un po’ di pepe qua e là, ma tu non hai neppure starnutito, non ti sei distratto e mi hai trovata. No, non riesco a parlare di te, non ancora. Così continuerò raccontando di quando quella notte ha vestito i pensieri di blu. Cullava un istante, forse un mai più. Quella notte era diversa, noi eravamo diversi. Stretti in un abbraccio che non aveva bisogno di promesse, l’uno al riparo nel respiro dell’altra. Nascondevi segreti tra i miei capelli, in silenzio. Gli occhi bastavano a sussurrare quello che il cuore voleva gridare, ma che la voce accarezzava con discrezione. I tuoi occhi nei miei, come se non avessero avuto altra casa. I miei nei tuoi, e nessuna intenzione d’andar via. Un po’ come quelle pantofole che non vuoi buttare. Sono lacere, piene d’ammacchi e segni, nonostante tutto, senti che tengano ancora caldo. Senti. Ché certe cose si sentono più che il freddo d’inverno o l’acuto di un bambino in cerca di attenzione. Vedi? Parlo di te, un po’. Forse ci sto riuscendo, anche se non dico di quell’istante, di quel mai più. Forse, raccontarlo, potrebbe sollevarmi. Forse te lo dovrei. Ma come? Come faccio a spiegare il dolore di uno strappo impossibile da ricucire? La mia anima, da quel momento, è mutilata. In quell’istante in cui hai deciso che la vita fosse troppa per doverla lasciare andare. Così, sei andato via tu. Silenziosamente, abbandonandoti alle acque dello stesso lago che ha cullato la nostra ultima notte tinta di blu. Mi hai affidata alle cure del mio ignaro sonno e, quando hai capito fosse abbastanza profondo da attutire ogni dolore, mi hai baciata. Non l’ho sentito, ma so che lo hai fatto. Ed è arrivato. Quell’istante in cui ti sei lasciato scivolare con tutto il peso della tua malattia, in quel lago increspato di latte dalla luna.

“Ho legato il mio tempo al tuo. Lo slego adesso, per poterlo portare con me. Prima che sia troppo tardi per trattenerlo. Per non permettere al mio male di farlo suo, portandomi via da te, senza che possa riconoscerti. Il nostro tempo, adesso, è salvo. Nessuno potrà sottrarcelo, mai."

 L'ho detto, senza respirare. Siamo ancora una volta insieme, per non lasciarci. Mai più.



6 novembre 2011

segreto


Opera di Marianna Di Palma



Ho un segreto.
L’ho scoperto stanotte e non ho intenzione di rivelarlo a nessuno.
Neppure a te. Soprattutto a te.
Non so perché posseggo questo segreto, non l’ho chiesto, non ho desiderato nessuno lo lasciasse.
Non l’ho chiesto a te.
Da te non voglio niente, non saprei come ricambiare.
Non ho nulla da darti.
Devi credermi, è così.
Quando senti che potresti dar tutto, in quell’istante, sai che non possiedi più niente.
Ho solo me. Me e un segreto che non ho chiesto.
Non so se lo voglio, lo guardo con sospetto, lo nascondo ché m’imbarazza.
Non mi piace sentirmi nuda, non quando non sono io a svestirmi.
Vuoi farlo tu. Le tue mani.
E io le prenderei e le bacerei, le tue mani.
Le stringerei e ti accompagnerei in quei luoghi di me che io stessa ignoro.
Ho un segreto che non ho chiesto e le tue mani.
Hai il mio niente e i miei luoghi. E non li hai chiesti.
Stanotte ho fatto un sogno e c’eri tu.
Ti ho chiesto: «Resta». E non sei andato via.
Neppure quando mi son svegliata.
Ti ho chiesto: «Torna». Eri con me.
Aspetta.
Ho solo me e un segreto che non so raccontare.
Hai solo un modo per potermi ritrovare.
Ho le tue mani. Hai le mie.







[Grazie a Marianna Di Palma per avermi regalato la possibilità di usare la sua bellissima creazione, per impreziosire le mie parole. Potete trovare altre sue opere anche qui.]

[...e grazie a alpexex per aver scritto il suo bellissimo post, ispirato da questo, che trovate qui.]

senso




Nudo di donna II, Stefania Stravato

Cerca il silenzio, dentro.
Un luogo intimo in cui vivere questo pensiero.
Lascia che la musica ti accompagni.
Perditi tra le mie parole, se vuoi.


Spogliami.
Ché quasi già lo sono, svelata dal tuo sguardo che percorre le linee del mio corpo.
Adesso è tuo.
Senza chiedermi il permesso. Fallo.
Un velo alla volta, una carezza alla volta. Un bacio, non ancora.
Scivola tra i luoghi in cui cerco riparo e tremo.
Lentamente, piano. Quasi in silenzio. Sfiorami.
Con movimenti lenti, indugia dove dimora l’esitazione d’un respiro.
Non è più mio. Ti fai respiro, Sei.
E trema, trema come il desiderio che tradisce la mia pelle.
Tremo.
Svestita dal tuo sguardo, lambita dalle tue dita che imprimono sentieri sulla mia pelle rubata alla neve.
Stringimi.
Ché le carezze non bastano più, ché la pelle si scioglie e non riconosce più i confini.
Sei tu, sono io.
Sono, nella stretta del tuo abbraccio che segna le mia schiena.
Sono ancora, nelle tue mani che disegnano i miei fianchi, stringono due parti d’una stessa luna.
Guardami.
Mi guardi e lego al silenzio del mio sguardo liquido un pensiero da affidare al tuo.
Lo prendi con te, mi prendi con te.
Le tue labbra sui miei occhi, le tue mani sul mio seno. La carezza, adesso, è forte.
Torturi dolcemente le mie curve, assaporandole. Sanno di buono, lo so perché non ne sei pago.
Il mio respiro appartiene al tuo, le mie mani intrecciano le tue.
Non ho più  un solo cuore, batte troppo forte per essere soltanto uno.
È il tuo cuore che fa l’amore con il mio, ancor prima che succeda tra i nostri corpi.
Prendimi.
Adesso che il suono del cuore è forte.
Adesso che quasi non sento.
Adesso che siamo onda nel riflesso di luce in un grano di sale.
Adesso che lo spazio e il tempo sono sospesi in questo istante di vita cesellato nel vapore.
Adesso che niente di me è più soltanto mio.
Non voglio niente che sia solo mio.
Voglio te con me.
In me.
Baciami, adesso puoi.



3 novembre 2011

Grani impertinenti, una tranquilla vita da giardino 4

Grani impertinenti
…una tranquilla vita da giardino


- QUARTA PARTE -



“Mely…Mely! A che pensi?”
“A nulla Flaffy…o meglio, al Coso”
“Ho un piano, ma dovremo essere molto veloci. Da quand’è che non corri?”
“Fammi pensare, se non prendiamo in considerazione quella volta che son dovuta scappare per aver sostituito la spazzolapetali a Marghe con i pennelli per spolverare le fragole, ancora intinti di rosso; e no, suppongo non conti neppure quella volta che ho legato le radici a Pioppo per farlo cadere ai piedi di Betulla…non credo d’aver mai corso sul serio, Flaffy!”
“Come? Tu, hai contribuito alla nascita dell’inutile flirt tra Bety e quel rude Pioppo?”
“Flaffy, io volevo solo sminuirlo agli occhi della tua amata. Ho pensato: se cadesse, Betulla lo troverebbe ridicolo…”
“Ma non è stato così!”
“Non potevo sapere che Betulla avesse appena terminato il corso da crocerossina e cercasse cavie su cui sperimentare…”
“Non so se riuscirò mai a perdonarti per questo tradimento, ma ti dicevo…”
“Flaffy, ma io, sul serio non volevo…”
“Ok, tregua! Torniamo al Coso”
“Spara!”
“Boom!”
“Flaffy!”
“Così, per stemperare la tensione che tra un po’ creerò…”
“Veloce, l’hai detto tu!”
“Ho un’informazione segretissima. Ho saputo, da fonti attendibili, che il Coso pratica corsa campestre, con una certa regolarità”
“Abbiamo un orario e dei giorni, quindi”
“No, è furbo. Cambia sempre orari e qualche volta corre due volte in un giorno, saltandone uno”
“Astuto!”
“Odioso, direi”
“Concordo, però, se sai che va a correre, vuol dire che c’è qualcuno che l’ha visto! Potrebbe darci informazioni e dirci almeno com’è, prima che lo scoviamo noi!”
“Non l’ha visto nessuno, purtroppo. La soffiata me l’ha fatta la commessa del negozio d'abbigliamento del centro sportivo: “Se ti vesti qui da noi, sarai in forma più che mai”. Sento di crederle…”
“Ho qualche difficoltà a dare fiducia a qualcuno che lavori in un negozio con quel nome… Comunque, lo sapevo!”
“Cosa?”
“Che quella commessa svampita avesse un debole per te. Come sia possibile non me lo spiego…lavora in un negozio d’abbigliamento. Ok, abbigliamento sportivo, ma anche per fare sport ci vuole gusto nel vestire, e tu, tu ti vesti in modo così…”
“Mely! Cosa vorresti dire?”
“Ehm…dicevo…e tu, ecco, tu non mi fai finire di parlare. Cosa ti ha detto?”
“Pare che, un mese fa, sia arrivato in negozio un ingente compenso in cambio di una fornitura di scarpe da ginnastica, cappellini e mantelline in felpa, stampate con piccoli teschi”
“Mantelline in felpa con teschi? Siamo sicuri che il Coso pratichi corsa campestre? Nessuna tuta?”
“Potrebbe averne già una buona fornitura, oppure, non usa la tuta”
“Corsa campestre in mantellina di felpa con teschietti. Interessante, il Gazzettino del vicino malandrino, potrebbe anche pagarci il doppio”
“Mely, non vogliamo scovarlo a scopo di lucro”
“Sì, ma qualche soldino per ravvivare le nostre aiuole e rendere più allegro il condominio, non sarebbe da rifiutare”
“Intanto, pensiamo a come fare per coglierlo di sorpresa…dici davvero la commessa del negozio sportivo mi abbia notato?”
“Che c’entra lei, adesso? Ad ogni modo, sì, ti ha notato! Non foss’altro per quei pantaloni a fiori arancioni…chi non ti avrebbe notato, sono un pugno…”
“Non essere insolente, Mely!”
“Intendevo un pugno, una stretta al cuore, credo siano stati proprio quei pantaloni a rapirla. Però, ti avviso, passino quegli assurdi pantaloni o il tuo orrendo giubotto bianco, ma…le manteline di flanella con i teschietti, proprio no!”
“Ah…dovrei chiederle di uscire, è simpatica, carina, a suo modo, sensuale. Credo che la inviterò per un aperitivo, anche se…”
“Anche se…cosa?”
“Il mio cuore appartiene a Bety”
“Flaffy, schioda il pensiero da quella spilungona smunta e pensa ad altro. E visto che ci sei, schioda anche il tuo orrendo chiodo bianco…”
“Il chiodo non lo abbandonerò MAI, a meno che Bety non mi chieda di uscire. Proverò a pensare ad altro, a distrarmi, Mely. Anche se Betulla…”

...intanto, il Coso


scarabocchio di naimablu





[continua...]