14 ottobre 2010

pizzichi









Se la luna non fosse così brava a dire bugie e le nuvole fossero di zucchero filato, credo che risparmierei un pizzico e l’altro l’affonderei, leccandomi le dita. Lo aveva pensato così, tra un filo di rame e l’altro nascosto tra i capelli. L’aveva pensato una sera d’ottobre che aveva mandato giù tutte le domande, senza aver nessuna intenzione di restituire le risposte. 








Foto di naimablu

12 ottobre 2010

Traiettorie a punto croce


W.M.Turner, Snowstorm: Hannibal and His Army Crossing the Alps


Due occhi guardano l’obiettivo. Guardano e dicono. Stanchi, si abbandonano alla luce ovattata che li avvolge. Una foto dopo l’altra, un occhio dopo l’altro. “Non ho mai capito niente! Forse”. Due occhi si guardano riflessi nell’obiettivo. Faticano ché oggi è così: una faticosa e ovattata giornata di ottobre. “La luce non è delle migliori!”. È la luce giusta, l’unica possibile. “Sembra un sogno, lo sai?”. Invece no, è tutto vero ed è del color bitume di quelle nuvole che fanno chiasso nei pomeriggi rattoppati. “Guarda, c’è un rospetto rosso, vuoi baciarlo?”. No, i rospi restano rospi, le favole restano. Favole, appunto. Ahi! “Lo sapevo che ti saresti fatta male, quante volte ti ho detto di usare il ditale, ma tu niente, tu ricami a mano libera e pretendi che vada tutto liscio”. Veramente era un punto a croce. Nella croce c’è un punto, almeno uno, in cui ci si incontra. No, sono linee parallele, sono sicura. Le ho viste bene. Gli occhi sono stanchi, sfuggono l’obiettivo che li insegue. La vita vive di istantanee, una dopo l’altra, un occhio dopo l’altro. Una sola croce e linee parallele a cui siamo destinati. Da percorrere con cautela, dando poca confidenza ai rospi e sfuggendo l’obiettivo. Per quanto possibile.





10 ottobre 2010

blu

Costantino Contini, Sodalizio blu



Il nodo si scioglie, scivola tra le mani. Non le stringo, non più. Il bianco è diventato blu e tutti i colori lo sanno. Uno strappo. Il silenzio, finalmente, ha qualcosa da dire.






6 ottobre 2010

All'ombra del pistacchio sghembo







Adesso dovrebbe partire una canzone in sottofondo. Parte sempre una canzone in sottofondo in momenti come questo. Che momento è? Non lo so, dimmelo tu, io, intanto, mi siedo, ascolto la canzone e, mentre tu non mi vedi, rubo un pezzetto di torta. Come l’hai fatta, cosa ci hai messo? Vabbe’, ci pensiamo dopo, anche perché, se ti chiedo, scopri che il mio dito indice sa di…pistacchio? Dimmi di sì, dimmi che c’è quel verde, proprio quel verde lì! Mi sistemo sulla sedia, le gambe proprio non ce la fanno a star ferme, intanto, mando giù la torta. Che sapore ha? Non lo so, l’hai fatta tu e di pistacchio nemmeno l’ombra. Ne cerco una per l’occasione, la rubo al mio dito indice che percorre, in tutta fretta,  il tragitto tra la torta e la mia bocca, senza dar confidenza a nessuno, s’intende. Ombra trovata! Al momento giusto. Sì? Perché che momento è? Non lo so, tu lo sai? Io so che è andata così: avevo voglia di vederti, sono venuta a trovarti, è partita una canzone, mi son seduta e, mentre cercavi la risposta giusta, ho assaggiato la tua torta. L’ hai trovata? Magari ripasso, magari non è il momento giusto. Grazie per la torta, per l’ombra pistacchio che non c’è, per la canzone e per tutto il da fare che ti sei dato. Ora devo proprio andare, ma ripasso, prometto che lo faccio, non foss’altro per capire in quella torta cosa c’è, forse è lì che hai nascosto la risposta e hai dimenticato. Spero solo di non aver rovinato la tua torta rubandone un po’. Non ho ancora capito se mi piaccia o meno, ma una cosa posso dirtela: con la canzone e tutto il resto, ci sta una meraviglia. Cambierei solo i colori, secondo me il rosso ci sta meglio del marrone, per il resto: BUON APPETITO!

 
[Dopo vari tentativi per far partire la canzone giusta, sono giunta alla conclusione che: non c'è una canzone giusta! Quindi, fai partire la canzone che ti pare. Io ho già fatto partire la mia]


1 ottobre 2010

Zuccozuccò

Zucca rossa 1999, Maurizio Bottoni

Ho deciso! Cucinerò il risotto con la zucca! Perché? È arancione (prima risposta balzata alla mente con un triplo avvitamento dal cucchiaio alla pentola con il brodo). Cavoli, che salto. No, no, no, non devo confondermi: il cavolo non ci vuole. Che cavolo dici? Zitto, il cavolo non c’entra niente. Piango! È la cipolla, ho dimenticato di mordere un micropezzetto di micropane. Me lo ha detto nonna che si fa così. Nonna prepara il pane e le pizze che vuoi che ne sappia del cavolo e della zucca? Ha mai fatto la pizza alla zucca? Che cavolo dico! Nonna il 26 novembre compie novant’anni. Lo so che non c’entra un cavolo con il risotto, ma lo dovevo dire, non foss’altro che è da giugno che vuole festeggiare “Perché poi se non c’arrivo?” e, così, si festeggia domenica. Hai detto cavolo. Ho detto cavolo, allora? Allora il cavolo ci vuole. No, ci vuole la zucca, poi, la cipolla, ma solo perché il risotto è commovente e anche il brodo. Alt! Mi fermo, faccio un passo indietro, un giro sovversivo in senso antiorario su me stessa, respiro e, quando nessuno è in grado di capire cosa farò, batto il cucchiaio di legno sulla pentola. Io O-D-I-O il brodo! Il brodo tutt’attaccato.  Il brodo nel risotto alla zucca recita la parte dell’uomo invisibile. Dici la verità? Non me lo dire. Ti credo. Brodo sia! Adesso, dovrei agitare il cucchiaio, come una bacchetta magica, far nevicare un po’ di parmigiano. Ci risiamo. Sì, dai, risiamoci. Come si fa? Silenzio. Serio. Sto facendo una magia: “Zuccozuccò che buono sto risò”! Dico che dovresti venire a cena, porta i fazzoletti e aggiungi un posto a tavola per il brodo: è amico tuo, io non ne voglio sapere niente.


Auguri nonna V.