28 maggio 2010

A due voci


Die Tanzerin - Egon Schiele



“Non ci credo, no, non ci credo!” dice la voce bambina.

Vera ha una voce che proprio non riesce a zittire, anche se ce la mette tutta.

“Shhhh…piccola mia, vieni qui, stringiti forte a me e vedrai che passerà tutto.” dice una voce che pare accarezzare con dolcezza le incertezze della voce bambina.

Vera è capace di avvolgere con la stessa decisione dell’onda che prende con sé l’inquietudine del mare.

“Dici che un giorno sarà tutto lontano? Abbastanza lontano da non fare più così tanto male? Perché fa male, mi fa male, anche se qualche volta faccio finta di no.” mentre lo dice, la voce bambina, affonda il viso nella piega del braccio a cui si stringe con tutta la forza che ha.

Vera, qualche volta, ama nascondersi; è così brava a trovare nascondigli che succede che conti fino a cento e non riesca a trovarsi più.

“Dico che i fiori di pesco sbocciano puntuali a ogni primavera colorandola di rosa e dico anche che trovo delizioso questo colore quando danza tra i tuoi pensieri.”

Vera sa quel che dice e lo dice con serenità, come se, nonostante faccia ancora tanto freddo e la primavera sia così lontana, a quell’appuntamento volesse essere più puntuale dei fiori di pesco.

“Mi fa male lo stesso. Non va via. Non riesce ad andar via. Non voglio vada via: l’ho detto!" punta i piedi la voce bambina e lo fa con forza, spingendo il naso all’insù, quasi con irriverenza.

Vera, spesso, ha rischiato di cadere proprio per quella sua mania di guardare il cielo e seguire i contorni delle nuvole per disegnarle con il naso.

“Dillo piccola mia, forte, più forte che puoi. Ascoltati mentre lo dici e non aver paura di perdere l’equilibrio. Tu sai volare, ricordalo sempre.”

Vera ha smesso di scappare, è successo quando si è accorta di non avere più fiato, così, ha deciso di fermarsi per un po’. Solo il tempo di riprendere fiato per continuare a camminare e, all’occorrenza, a volare.

“L’ho detto, gridato, ascoltato e adesso? Io non riesco a volare, ho paura di volare, non so più farlo. Non costringermi , mi farei male e so che non vorresti questo per me.”

Vera infila tutti questi pensieri nel singhiozzo più lungo che ha. La stretta è sempre più forte e le piccole e candide gambe si incrociano senza trovar pace. Potrebbe cadere, ma non cade, come quando passeggia con il naso all’insù e si meraviglia d’esser così brava a disegnare tra le nuvole.

“Guarda, quelle non sono soffici e bianche ali? Chi è arrivata fin lassù per disegnarle? Sei stata tu! Allunga le braccia e afferrale!”

Vera, quelle ali le ha già viste altre volte, tutte le volte che credeva di non trovarle, di non trovarsi. Sa che funzionano: sono state disegnate con il naso e il naso non sbaglia mai.

“Io le prendo, mi fido. Sono così bianche e soffici, sembrano ciuffi di panna montata. Che buoni…voglio dire, che belli. Se poi mi viene voglia di mangiarli?"

Vera sorride, gli occhi sono tutti per quel pensiero bianco montato che quasi vuole assaggiare. La stretta non c’è più, adesso, le braccia sono tese a calcolare la distanza tra il naso e quei golosi ciuffi di panna svolazzanti.

“Mangia quel che vuoi, fa di quelle ali cibo per i tuoi pensieri di primavera, intreccia fiori di pesco tra i capelli e porta sempre con te la meraviglia dei tuoi grandi occhi curiosi. Andrà via e tu arriverai in tempo all’appuntamento, non ti perderai stavolta e, se succederà, basterà alzare gli occhi al cielo per ritrovati."

La paura non è andata via, Vera continua ad averne tanta, ma, adesso, ha anche un paio d’ali e una compagna di viaggio pronta a disegnarle la strada con il naso. Non è mai stata brava a disegnare, ma a nessun altro potrebbe affidare la mappa del suo viaggio. Soltanto occhi come quelli possono guidarla, occhi che guardano oltre, occhi che riescono ancora a guardare attraverso le bolle di sapone.

“Soffia”
“Sì, soffio”
“Ecco, adesso ci sono anche i colori. Sono pronta a disegnare”
“Sono pronta a volare”



12 maggio 2010

senza titolo



“Dove vai?”, mi chiedevi e a stento riuscivo a trattenere il mio sguardo in un respiro.
“I frutti sono maturi ed io ho una gran voglia di assaggiarli” rispondevo così nel tentativo di nasconderti semi di mela che tracciavano il sentiero tra i miei occhi e la strada.
Sempre diversa, sempre la stessa, eppure, sempre io.

5 maggio 2010

Dentro

New York interior - Hopper


Ho barattato con la luna una bugia per una bugia. Adesso, io e la mia bugia, ce ne stiamo in un piccolo angolo azzurro e arancio solo per noi. Abbiamo tutto quello che ci serve: il sole e un bel cielo in cui ricamarlo. Hanno provato a darci di più, che poi per noi è di meno, ma a noi non interessa. Ci bastano il sole, il cielo e ago e filo per ricamare. Ci piace il punto a croce, così siamo sicuri non ci lasceremo mai.
– Prima o poi c’incastreremo.- dice la mia bugia. Io le credo, non perché me l’abbia data la luna, ma perché lo sento.
- Tutto quello che senti è vero.- questo non lo dice la mia bugia. Questo lo dico io, forse lo diceva anche qualcun altro, di sicuro non la luna. Lei, la luna, non dice niente, ti guarda con il suo sguardo obliquo e ti sorride a metà, poi, tu decidi: prendere o lasciare.
Prendo!
Hai mai visto un cielo senza sole? E una croce con una stanghetta sola?
- Prima o poi c’incastreremo- penso.
Penso che la mia bugia è così sicura mentre lo dice ed io lo sento così forte.
Prendo!
E mentre lo dico mi ripeto: “Tutto quello che senti è vero”
- Lo so, è così vero che posso perfino toccarlo!- dico più convinta della mia bugia, ma stringo le mani e sono vuote.
No, non proprio vuote c’è un filo sottile, è rosso.
C’è, a me basta questo.
Ho un tramonto da ricamare in un cielo azzurro e un filo rosso. Potrei avere di più, per me è ancora meno.
Credo non lascerò, no: “Prendo!”.
Sì, prendo e, mentre lo penso, cerco di ritrovare il capo del filo rosso.
La luna continua a sorridere, io dormo tra le sue braccia, strigo il mio filo rosso e penso all’ago e alla paura che ho di pungermi, ancora.
- Tutto quello che senti è vero- mi basta ripeterlo per crederci e per sapere che non ho più paura.