9 novembre 2008

pensierisoffiati




Soffio i miei pensieri nelle bolle di sapone, è l'unico modo che mi viene in mente per ragguingerti. So che così mi avvicino a te, so che puoi sentirmi, anche se sei lontano, anche se non so proprio dove sei. Non ho bisogno di un indirizzo, ho solo bisogno delle mie bolle di sapone e del vento. Chiudo gli occhi, disegno i miei pensieri e soffio. Soffio con delicatezza e riempio questa notte d'onice di pensieri insaponati, ogni bolla un pensiero da affidare al vento, ogni soffio un po' di me. Sto imparando a disegnare sai? Disegno sempre aquiloni, sarà che a volte anch'io vorrei volare via, mi piace riempirli di nastri colorati e creare code sempre diverse. Ieri ne ho disegnato uno azzurro con una coda lunghissima che eran tutti pesciolini in fila, era così bello. Avevo pensato di tenerlo per me, ma appena tolta la matita dal foglio, l'aquilone è volato via. Chissà adesso dov'è, un po' come te, chissà adesso dove sei... 

Io so che ti sto raggiungendo, so che mi senti, ovunque tu sia. È che ho tante cose da raccontarti, voglio raccontarle proprio a te. A te che non so nemmeno dove sei, a te che sei l'unico a cui vorrei raccontarle! Mi affido ai miei pensieri soffiati e a questa notte che mi ha fatto una promessa. E io ci credo perché certe promesse, se le guardi attraverso le bolle di sapone, hanno una luce speciale. So che è così, deve essere così perchè per me... per me è importante.

1 novembre 2008

fammi male

 
Fammi male. Sferza un bel colpo e fammi male. Colpisci, forte però, più forte che puoi, tanto forte da attraversarmi. Ecco, attraversami, non con le carezze, ma con un bel colpo deciso sul petto. So che puoi farlo, allora fallo. Fammi piangere, fammi male. Attraversami, non con l’emozione di un bacio, ma con un bel colpo deciso. Colpisci qui sul petto, sì, sul lato sinistro, fammi male. Dimostrami che posso sentire ancora. Attraversami, non con il tepore di un abbraccio, ma con un bel colpo deciso sul petto, sì, proprio sul lato sinistro. Dai, colpisci, che aspetti a colpire? Proprio qui, sul petto, sul lato sinistro, colpisci forte, più forte che puoi. Fammi piangere, fammi male. E non dirmi che non ci riesci, non dire che non puoi colpire perché già sanguino. Attraversami, non con una carezza, non con un bacio né con un abbraccio, con un bel colpo deciso sul petto, sì proprio sul lato sinistro. Bravo, così si fa, adesso mi stai attraversando, adesso sento. Freddo, ma è solo perché perdo sangue, solo per questo. Ieri sera è venuta fuori la carta della Morte, non mi sono spaventata, ma ho capito tutto. Ho solo il tempo per ringraziarti, non ci sono quasi più, non preoccuparti, prima o poi ritornerò e non ti chiederò più di farmi male, non sarà più un colpo deciso sul petto ad attraversarmi, ma ci saranno baci, carezze, abbracci, anche se non ci sarai tu. Ieri sera è venuta fuori la carta della Morte, non mi sono spaventata, ma ho capito tutto, subito dopo mi sorrideva la Stella, il Mondo mi raccontava di un lungo viaggio e il Sole illuminava tutto. Temevo uscisse il Matto, ma per fortuna è rimasto a casa sua. Non ho mai creduto troppo alle carte, ho sempre pensato dicessero assolutamente la verità!








E il Matto è rimasto a casa sua...
ma il Matto una casa ce l'ha?


Secondo me non l'ha ancora trovata, chissà...





Immagine: Il figliuol prodigo, H Bosch

30 ottobre 2008

piccolo pensiero stropicciato

...e il suono dell'armonica accompagna questo vento caldo che incarta una danza di parole stropicciate stese al sole ad asciugare

26 ottobre 2008

impegnando un sogno

Ho impegnato un sogno. Quando sono stata a impegnarlo, ho chiesto al signore che ritira i sogni di averne estrema cura. Sapete, fino a ora me ne sono occupata io, lo custodivo tra promesse di cristallo e fiocchi di zucchero filato, lo cullavo tra le note più dolci e assecondavo i suoi riposi con storie di misteri ed avventura. Al mio sogno piace volare, se non gli racconto storie piene d’avventura non è contento, se poi nei miei racconti compaiono elfi, fate, folletti, pirati e mostri marini è ancora più felice, perché le sue ali si dipingono di colori magici ed imprevedibili. Adesso l’ho consegnato al signore che ritira i sogni, ma andrò a riprenderlo, questo è sicuro, certi sogni non si lasciano in pegno per troppo tempo, andrò a riprenderlo appena avrò abbastanza energia per sostenere l’impresa. Devo solo ricaricarmi, per farlo ci vorranno pazienza, volontà e tanta forza. Io credo di possedere tutte queste cose, sì, ci sono, adesso sono un po’ nascoste, ma ci sono. A volte mi capita di pensare di non farcela, quando arriva la signora con il vestito nero, poi, divento piccola e mi spavento, ma subito ritrovo coraggio, mi basta pensare al mio sogno, mi basta pensare a tutte le storie che ancora non sono riuscita a raccontargli come quella galeone invisibile che si è perso nel mare dei desideri dimenticati. Penso che devo farcela per lui, così, anche se è difficile, disarmo la signora nera con il più bello dei miei sorrisi, lei a volte scappa via, altre volte non si lascia ingannare e mi dice: “Ti ho scoperta, adesso vieni con me, stavolta ho vinto io!”. Con la signora con il vestito nero, un po’ alla volta, ci ho fatto amicizia, non viene a trovarmi sempre, è capitato che non l'abbia vista per tantissimo tempo, nell’ultimo periodo è spesso passata a salutarmi, a volte è scappata via, altre volte abbiam fatto un giro insieme. Qualcuno mi ha detto che prima o poi la signora nera si vestirà di bianco e arriverà solo per abbracciarmi e per starmi vicino, io la vedrei meglio vestita di rosso, il vestito bianco lo indosso io, ho già un bel paio di guanti in borsa che ci starebbero benissimo e una rosa azzurra da appuntare tra i capelli. No, le spine non le ho tolte, devo andare a riprendere il mio sogno, devo trovare tanta energia e per farlo ci vogliono anche le spine.



Se dovessi chiudere gli occhi e pensare a un sogno penserei a qualcosa di bello, almeno quanto questo meraviglioso dipinto di Mirò dal quale è stato proprio difficile staccarmi quando ho avuto la fortuna di incontrarlo... era un bel sogno, davvero un bellissimo sogno!

21 ottobre 2008

ma tutto questo Alice non lo sa (forse)

"Alice gurada i gatti
e i gatti guradano nel sole
mentre il sole fa l'amore con la luna..." 

 




Oggi mi sento un po’ Alice, non quella del paese delle meraviglie, forse un po’ anche quella, ma di più quella che guarda i gatti. Ecco, sì, ci sono anche i gatti, per la precisione due, due gatti rossi che si fanno le coccole. C’è il sole che mi abbraccia e sorride alla vista dei miei capelli tirati in su con le virgole che vanno per conto loro. Più si allungano e più svirgolettano. Ma esisterà “svirgolettare”? Va be’, ci penso dopo, l’unica cosa certa è che con questi capelli in su sembro un Mirò! Un Mirò svirgolettante che guarda due gatti rossi coccolosi. Oggi sono Alice, senza il bianconiglio, ma con due gatti rossi e i capelli svirgolettanti tenuti su da una biro. Gioco con i miei pensieri di panna e li monto fin quando non sono abbastanza soffici e gonfi da poterci sognare. Gioco anche con i numeri, anche se, per la verità, tanto un gioco non è, ma oggi sono un po’ Alice e ci gioco. Alice senza bianconiglio, con due gatti ed un Mirò tenuto insieme da una biro, che gioca con i numeri. Ah, se me l’avessero detto non ci avrei mai creduto, no, non al Mirò, ma al mio gioco con i numeri. Forse ancora non ci credo, forse dormo sui miei pensieri di panna montata, forse Alice lo sono un po’ sul serio e non solo oggi che faccio finta d’esser seria con i numeri, ma poi mi giro, sorrido e strizzo l’occhio…






Ecco, per i capelli svirgolettanti rifarsi al dipinto di Mirò...sono più o meno così e con tanta, tanta immaginazione!

18 ottobre 2008

pensieribianchi all'ombra di un salice lacrimoso





Mi vestirei di bianco, latte profumato di vaniglia. Vestirei di bianco pensieri, respiri, parole e ombre. Mi vestirei di bianco e siederei su quella panchina sotto il salice piangente, alzerei lo sguardo e mi godrei il silenzio verde dei suoi rami lacrimosi. Vestirei di bianco i miei disegni dipinti nel vento, sfumandoli di ghiaccio. Mi vestirei di bianco e giocherei con il sole che sbircia tra i rami lacrimosi le mie facce buffe, farei di tutto perché smettessero di piangere. Vestirei di bianco i miei occhi curiosi e le mie mani impazienti e canterei sottovoce per ingannare tutti quei "chissà" nascosti nel mio sguardo incerto. Mi vestirei di bianco solo per te, solo una volta, bianco dipinto di neve. Ti aspetterei e ti direi: “Quest’attesa è solo tua, solo nostra” e lo direi sottovoce, sotto il salice lacrimoso, stropicciando con una mano il mio vestito bianco profumato d’attesa.


13 ottobre 2008

chicchiricca, chicchiricca ancora!


Sono le 4.00 e il gallo non canta. Sono le 5.00 e il gallo non canta. Sono le 15.00 e il gallo non canta. Ma non dovrebbe cantare. Invece sì, dovrebbe cantare. Sono le 19.00 e il gallo non canta. Ma non dovrebbe cantare. Invece sì, dovrebbe cantare, fidati che dovrebbe. Mamma, mamma il gallo non canta, il gallo è morto. No, la morte del gallo proprio non ci voleva, un abito scuro e un velo di pizzo nero per il gallo che non c’è più. Piango la morte del gallo. Invece no, canto il canto del gallo, il canto del gallo morto. E come fa il canto del gallo? Il canto del gallo morto, come fa? Fa come il canto del gallo vivo, solo un po’ più triste, solo un po’ più sottovoce. Ci vuole rispetto: il gallo non c’è più, il gallo è morto. “Chicchirichi, chicchirichi, chicchiri…cosa?”. Il gallo canta, sono le 20.00 e il gallo canta. Ma non dovrebbe cantare. Dovrebbe, dovrebbe, fidati che dovrebbe! Il gallo è vivo e chicchiricca allegro e spensierato, anche se sono le 20.00. Mamma, mamma, il gallo chicchiricca, il gallo non è morto. Sono le 23,00 il gallo non chicchiricca più, è tempo di dormire, è tempo di sognare la sua alba amarantogiallablu tutta da chicchiriccare.

12 ottobre 2008

per Flo

Dalla città del fumo è arrivato il profumo di un fiore, è arrivato con il vento e in un colpo ha fatto volar via tutte quelle parole spezzate che cercavano di comporre un puzzle difettoso. L'incastro c'è, io lo so che c'è, però, forse... forse non è tempo, non è luogo, non è. C'è, ma non è e il mio bel fiore ha fatto volar via quella visione spezzata color seppia. Che bel fiore è quel fiore, ha i petali pieni di un rosso che sfuma nei più bei colori del tramonto, una corolla che ti sorride come una bella gonna che fa la ruota ed un profumo intenso che sa di vita. La vita la porta nel nome, nei suoi occhi d'autunno, tra le sue parole, in quelle soffici come fiori di cotone come in quelle spigolose che son quasi un Picasso, e tra le trame dei suoi silenzi pieni. Anche quel bel fiore, adesso, c'è ma non è, di sicuro è per me, è nel modo più bello in cui potrebbe esserci, come forza, come colore, come vita, è l'abbraccio più caldo e il sorriso più dolce è uno degli affetti più preziosi che ho. Piccolo fiore, continua a far volteggiare la tua corolla dai colori del tramonto più bello e danza alla luce soffusa di tutte le sfumature che ti stanno aspettando per rendere i tuoi petali ancora più vivi!

8 ottobre 2008

Pensieri imbastiti nell'attesa

Immagine dal web




Abbracciami, di quell’abbraccio senza memoria che sfida il tempo e ondeggia sulla realtà liquida e inconsistente di questi giorni curvi.
Stringimi, in silenzio e spegni la luce, voglio vedere che effetto fa sentirsi come un equilibrista su una fune.
Avvolgimi e non lasciare fuori niente di me, neppure tutte quelle linee sghembe che giocano a nascondino tra i miei pensieri.
Ascoltami, c’è ancora tanto che non sai e ci sono sere che somigliano alla luce d’ambra di un lampione, in una strada di montagna deserta, tutta da riempire.
Riempimi, di tutti quei pensieri aquilone a cui possiamo dar vita insieme.
Aiutami ad animare questo piccolo teatrino dimenticato nel bosco e fammi luce con il bouquet dei nostri desideri comete.
Raggiungimi, seguendo quel canto sussurrato dal vento che ho soffiato in una bolla di sapone.
Ti aspetto e intanto cucio vestiti colorati per le nostre marionette da animare.




6 ottobre 2008

incontrando Klee


La prima volta che ho incontrato Klee è stato a Roma nell’estate 2004, sono entrata a quella mostra conoscendo davvero pochissimo di lui e della sua arte, sono entrata chiamandolo “Klii” e scoprendo che non conoscevo bene neppure la pronuncia del suo nome: Kl”ee”. Non è stato colpo di fulmine, con Klee è stata una di quelle esperienze per cui l’amore scatta dopo un’approfondita conoscenza, ricordo, però che, man mano che entravo nei suoi dipinti, era come se mi avvolgesse qualcosa, qualcosa di caldo si alternava a una piacevole e fresca brezza estiva. Succede sempre così, ogni artista mi comunica una sensazione diversa, così Munch è l’inquietudine, Renoir la serenità, Chagall l’amore, Mirò il gioco, Kandiskij la musica… Klee era “una continua sensazione d’abbraccio”. Nonostante questa bella sensazione, però, sentivo che mancasse ancora qualcosa. Viaggiavo tra i suoi dipinti, mi coloravo dei suoi colori, atmosfere ovattate si alternavano a suoni armoniosi, ma mancava sempre qualcosa. Continuavo a esplorarlo, con calma e curiosità, con occhi pazienti e gioiosi, mi riempivo di Klee e dei suoi sguardi di colore, ma… sì, c’era sempre quel qualcosa che mancava! C’era solo l’ultima sezione della mostra da visitare, una sezione un po’ nascosta che, in lontananza, sembrava priva di colore, sicuramente in contrasto con tutto il colore che vivificava il resto dell’esposizione. Mi sono avvicinata con curiosità (i contrasti hanno sempre avuto un forte potere attrattivo su di me). D’improvviso riempio quel luogo delle mie sensazioni per Klee. Avevo trovato c'ò che mancava: avevo appena scoperto gli angeli di Klee.

Gli angeli di Klee sono una visione stupefacente nella loro estrema semplicità, linee essenziali, nessun colore, tratti irregolari e spigolosi, rompono qualsiasi regola sull’armonia della figura, come se fossero la proiezione della visione degli angeli che potrebbe avere un bambino, ma quanto riescono a dire, quanto fanno sentire, quanto riempiono e scuotono. Mi sono affezionata subito a queste figure tanto imperfette quanto meravigliose, le ho sentite mie all'istante. Io stessa mi sento un po' come loro, che piangano, siano in attesa, raccolte in sé, io le trovo assolutamente incantevoli. Sono stata a guardarli per tanto tempo, in silenzio, ecco, gli angeli di Klee sono il suono del silenzio, almeno per me e rendono piena quella sensazione di abbraccio continuo che Klee mi dà ogni volta che lo incontro.

scivolo sott'acqua




Scivolo sott’acqua e il gallo canta, anche se sono le 13.00. Scivolo sott’acqua e il gallo continua a cantare, anche se sono solo le 13.01. Il gallo canta e io non mi sveglio, lo ascolto sott’acqua e scivolo, scivolo giù fino ad accarezzare il fondo con le mani. Movimenti lenti, ma decisi, sott’acqua è così, ci vogliono forza e decisione, altrimenti torni su e non dico che non sia bello nuotare sul filo dell’acqua, ma sotto, sotto è un’altra cosa. Scivolo sott’acqua e tutto assume un’altra prospettiva, tutto è lentezza silenziosa. C’è sempre il gallo che canta, sono le 15.00, ma io non mi sveglio, continuo a scivolare, ogni tanto chiudo gli occhi, poi li riapro e seguo luci impressioniste. Scivolo sott’acqua ed è come una danza, la musica potrebbe essere il canto lontano del gallo. Sono le 16,02 e il gallo canta di nuovo. Il gallo canta e io non mi sveglio, continuo a scivolare, ogni tanto torno su, riprendo fiato e poi scivolo di nuovo giù, sott’acqua, dove mi aspettano le mie luci impressioniste. Mi sveglio e non sta cantando il gallo, mi dò una spinta dal fondo, frantumo la quiete dello specchio d’acqua e sono fuori. C’è poca luce, il gallo è silenzioso, d’improvviso una nuvola si lascia attraversare dai raggi del sole: il gallo canta di nuovo. Sono le 17.03. È l’alba.


1 ottobre 2008

cassetta per sale da barattare



Ho pensato che di provvista di sale ne ho abbastanza. Posso salare senza problemi almeno fino al 2010 e, pensandoci bene, potrei anche preparare alici sotto sale per papà. Oddio, mi farà un po’ impressione pulirle, ma credo di potercela fare. Con tutto il sale che ho posso imparare a creare statue di sale, lampade al sale, figurine di pasta di sale, senza contare tutti i modi in cui posso usarlo in cucina, insomma posso estrinsecare appieno la mia creatività. Chi lo avrebbe mai detto che avrei avuto così tanti modi per utilizzare tutto questo sale? Mi ritrovo questa gran quantità di sale, sedimentatasi non so neppure in quale tempo, ovunque, anche nei posti più impensati. Ho trovato sale anche sulla mia terrazza, sono stata giorni a chiedermi come fosse arrivato fin lì, poi mi sono ricordata di esserci passata quel pomeriggio di luglio e tutto è stato chiaro. Ho sale dappertutto, ho sale nelle tasche della giacca, tra le cuciture della mia maglia preferita, tra le trame del tappeto, tra le dita, tra i capelli e perfino tra i denti. Sale nei ricordi e nelle note che non smetto di cantare, sulla suola delle scarpe e nei pensieri, pensieri al sale che spero non s’induriscano troppo. Intanto scende una lacrima, mi bagna le labbra e penso: “Basta, di sale ne ho una gran provvista, potrei farne a meno fino al 2010, forse anche per più tempo. Basta ché poi ne trovo altro anche nei posti più impensati , poi non ricordo come c’è finito e poi devo ripensare a quel pomeriggio di luglio e magari vien fuori altro sale. Basta con il sale, adesso c’è bisogno dello zucchero, del resto, mia nonna lo diceva sempre: se il sugo è troppo amaro basta aggiungere un pizzico di zucchero e il gioco è fatto!” . Qualcuno sa dove posso trovare dello di zucchero? Nel caso qualcuno ne avesse un po’, potrebbe lasciarlo nella cassetta per le lettere rossa accanto al cancello. Potrei ricambiare con una statua di sale, una lampada al sale, una figurina di pasta di sale. Potrei anche rubare qualche alice sotto sale per il mio papà, è vero, non le ho mai fatte, ma sono brava in cucina quindi il risultato è quasi garantito. Ci sarebbe sempre il sale puro, lo metterei in un bel vasetto di vetro colorato per poterlo usare come meglio si crede. Io suggerisco le statue di sale, richiedono pazienza, cura e attenzione, ma il risultato… ah il risultato vi sorprenderà!

24 settembre 2008

incontri gialli alla luce del sapere di non sapere


Tre fontanelle e un rifugio in una giornata di settembre travestita da dicembre, inizio da qui, anche se poi questa è quasi la fine e anche se, per dirla tutta, tutto è iniziato per caso appallottolato in quell’idea con cui palleggiavo tra un sorso e l’altro del mio tè in un pigro pomeriggio di luglio. Per tre giorni non son più riuscita a trovare la logica, credo di averla persa un venerdì intorno alle 15, 30 quando la necessità del caso ha vinto sul calcolo delle probabilità, così ho salutato le coordinate, i punti cardinali, ho buttato la mappa della città, ho cancellato i percorsi prestabiliti e son partita. Ho seguito la direzione dell’oltre con la consapevolezza e la gioia del mio “sapere di non sapere”, sono stata pensiero e pura sensazione, lacrima nel suono di un violino sussurrato come un segreto e colore tra le pagine del libro giallo di Mirò dove ho lasciato un addio e ho trovato un sorriso madrileno. Sono stata voglia di perdersi e di scoprire con una compagna d’avventura che è mare e che, forse, ha compreso più di me quelli che lei chiama i miei “pensieri di fiume”; forse sono davvero fiume, chissà, forse un po’ di fiume lo porto negli occhi, forse non è un caso Eraclito mi sia stato sempre simpatico e forse non è neppure il caso di disturbare Eraclito…E ci sono sempre tre fontanelle in un piccolo lago, c’è il vento che risuona nel ricordo di quel pomeriggio di settembre travestito da dicembre, ci sono sorrisi che riscaldano, ci sono abbracci che sono casa, ci sono città da scoprire ed altre da riscoprire, posti che ti parlano e parole nuove che sembra vivano da sempre dentro di te, c’è una bussola da buttar via ché tanto, l’unica cosa da fare, è chiudere gli occhi, sorridere e iniziare a passeggiare.

18 settembre 2008

pensieri fondenti e profumo di mare

Oggi cambio direzione, ho voglia di perdermi ed affidarmi soltanto ai profumi trasportati dal vento. Profumo di legno appena tagliato, rumori cadenzati e sussurrati in una piccola via che fatica a svegliarsi. Piccole meraviglie d’arte profumate di legno che se non avessi così sonno le penserei quasi reali. Profumo di mare, l’unica certezza nel mio percorso, piccoli attimi in cui riesco ad ascoltarlo, ancora pochi istanti e poi tutti saranno svegli e la sua voce sarà un regalo per pochi, sarà un segreto solo per chi è capace di fermarsi ad ascoltare. Il mare mi affida il suo segreto e lo porto con me lungo viali profumati d’erba appena tagliata. Profumi disegnati in un piccolo blocco per schizzi che custodisce pensieri d’inchiostro visibili soltanto agli occhi di dentro. Intanto c’è il mare, io continuo ad ascoltarlo e il suo segreto ha un profumo che sa di sale, che sa di buono e che oggi sa anche un po’ di me e dei miei pensieri fondenti.

16 settembre 2008

il sorriso delle stelle

Rido, rido perché con quella faccia non riesco proprio a guardarti. Lo so, lo so, questa è mia unica faccia, ma guardati, guarda come sei buffo, hai i capelli spettinati e gli occhi spalancati e poi mi fai quella smorfia che solo tu riesci a fare। Rido, io rido e non riesco a smettere e non dirmi che non lo fai apposta e non cercare di farmi smettere con un bacio, tanto poi lo sai come va a finire: mi baci, smetto di ridere e poi ricomincio e poi cosa fai? Mi baci di nuovo, giusto! Intanto io rido, rido e ride tutto, ridono gli occhi, ride la pancia e ridono anche i miei capelli. Come sono i capelli che ridono? Guardami, lo vedi che si arricciano, fanno tante curve che poi non sono altro che sorrisi, quando vedi che i miei capelli si arricciano allora stai certo che stanno ridendo, ma questo è un segreto solo per te è come un grazie per tutti i sorrisi che mi stai regalando. Rido e non riesco a smettere –Mi piace quando ridi, hai la stessa luce che hanno i sorrisi delle stelle-. Non cercare di confondermi, non sperare che smetta, c’è un solo modo per farmi smettere – Non voglio che tu smetta, vorrei che conservassi questa luce per sempre. Ecco, ce la stai facendo, sto quasi per smettere, adesso ho solo voglia di abbracciarti. La luce c’è sempre, non senti com’è caldo quest’abbraccio? Ascolta.

13 settembre 2008

solo una canzone



È il mio ultimo regalo, è una canzone, la tua canzone, la nostra canzone, quella che abbiamo ballato senza riuscire a smettere, quella che abbiamo cantato senza, già senza. Non c’erano che una manciata di note e due voci stonate. Ma noi, noi dov’eravamo? Noi dove ballavamo? Sui gradini incerti di una scala a chiocciola pericolante. Su, su, su e una terrazza e luci e una canzone tutta per noi, solo per noi. Il mio ultimo regalo, l’unico che riesco a trovare nella mia scatola azzurra, ma è il più bello, credimi, è sul serio il più bello che possa farti ché quando la canto ancora ascolto di noi, ché quando la ballo ancora non riesco a smettere, ché quando la vivo. Ma noi, noi dove eravamo? Dove siamo? E ci incontreremo sempre in questa canzone e balleremo sempre in questa canzone e ci ascolteremo e rideremo e sarà come esserci, come forse non ci siamo mai stati. È una canzone, solo una canzone ed è il mio ultimo regalo per te che già non ci sei più.


12 settembre 2008

pensieri fisarmonica e profumo di limoni

Li ho ritrovati così, tutti accartocciati, pensieri e voce, pensieri plissettati, pensieri fisarmonica. Voci. Dove sei? Dove sei? In sogno, dove sei? Occhi aperti e un velo di zucchero. Non resisto, lo so che non resisto, lo so, però stavolta sì, stavolta lo faccio sul serio, stavolta non salto, stavolta si sta giù, tutti giù per terra. Suono la fisarmonica, non sapevo di saper suonare così bene, non sapevo di saper suonare, però suono e muovo piano le dita sulla fisarmonica e un pensiero, due pensieri, tre pensieri e una voce. Dove sei? Dove sei? Un sogno, ma stavolta no, stavolta cambio gioco e si sta giù per terra. Seguo l’influsso di Saturno ed è un passaggio lento, scivola lento e denso come glassa al limone, dolceamara, ma così intensa, così profumata. Profumo di pensieri plissettati e voci, dove sei? Perché non ci sei? Perché gridi? No, resta giù, tutti giù per terra, scivola sulla glassa al limone, profuma di giallo, profuma anche un po’ di me, profuma di blu per una volta, solo per una volta, profuma di noi, solo una volta, solo questa volta, ma adesso stai giù e grida, suona, grida, ci sei, dove sei, ci sei. Giù, qui giù, tutti giù per terra e profumo di limone e profumo di noi. Suona.

6 settembre 2008

di oche, more e sassi

Ieri sera sono stata allo stagno. Sì, ci sono ritornata, lo so, ti avevo promesso che saremmo andati insieme. L’ultima volta non me l’hai perdonata la vittoria al lancio dei sassi, ma te lo avevo detto che son brava. Io fisso il punto, chiudo gli occhi e tiro. Già, chiudo gli occhi, se li tengo aperti, iniziano a venirmi le vertigini, l’acqua diventa come un mulinello, poi parte l’immaginazione e chissà dove va a finire quel sasso. Quella volta doveva arrivare proprio in quel punto, più lontano possibile dal tuo, quando ho chiuso gli occhi sapevo quel che facevo. C’era una forza in quel tiro che neppure io mi aspettavo, ho le braccia così deboli, eppure, ecco il mio sasso che supera il tuo, che supera la riva opposta dello stagno, saluta l’oca e salta la siepe di more e… e chissà dov’era finito. Sono tornata proprio per cercarlo, anche se avevo gli occhi chiusi me lo ricordo bene quel sasso, sai? Un sasso pentagonale verde oliva impastato di grigio, mi era quasi dispiaciuto lanciarlo. Un assaggio di more, una passeggiata lungo il lago e poi, poi ritrovo il sasso. Puoi crederci era proprio il mio sasso, l’ho raccolto e l’ho stretto in mano e, senza pensarci troppo, ho saltato sul filo dell’acqua. Non so come ci sia riuscita,ma l’ho fatto, senza che i piedi si immergessero, solo uno sfiorar della pianta sul filo dell’acqua dello stagno. Come il sasso, ho superato la sponda, ho salutato l’oca, ho saltato la siepe e adesso so dov’era finito. Porterò anche te la prossima volta, te lo prometto, c’è già una sera d’estate al chiaro di luna che chiede di te

aspettando il 123

Immagine: "Inseguendo il bianconiglio" di alexdada, potete trovarla qui

Aspetto il 123. Dicono che debba passare di qui, lo sanno tutti, ma nessuno l'ha mai visto. Allora, come lo sanno? L'unica cosa che si sa è che tutte le volte che passa c'è un forte odore di fumo e terra bagnata. Anche se c'è il sole e la terra è secca, l'odore di terra bagnata ti entra dentro le narici, sale, sale, sale e arriva al cervello, così diventa sensazione, così diventa un modo per sapere che è passato il 123. Qualche volta c'è anche un coniglio che fa da controllore, si assicura che tutti abbiano il biglietto e se non ce l'hai vieni multato: due giri di corsa sulle punte, con le scarpette con la punta di gesso, lungo tutto il 123 e se non ci riesci devi scendere e non è mica facile scendere. Non si sa mai dove viaggi il 123, potrebbe essere in mare o per aria e lì, se devi scendere, sono guai!
Io il biglietto me lo sono procurato, l'ho trovato nella crepa del muretto azzurro che dà sul mare, qualcuno mi aveva lasciato un foglio di marzapane con le indicazioni per cercarlo e l'ho trovato! Chi e perché me lo abbia lasciato è ancora un mistero, però dicono che se qualcuno ti lascia le indicazioni per un viaggio sul 123 è arrivato il momento di fare la valigia e andare. Io ho trovato il biglietto, l'ho messo in tasca, sono andata a casa e ho fatto il mio bagaglio: una lucciola, uno spartito musicale, le scarpette da tip tap, un gessetto giallo e un cestino pieno di fragole.
Sono pronta, sento odore di terra bagnata e fumo, sta arrivando, ne sono sicura, il viaggio sta per cominciare.

il gambero vanitoso e la pioggia di sole

Piove sole ed io disegno ghirigori nel mio cappuccino caldo in un pomeriggio d’agosto che sbircia curioso tra le fessure di un esercito di ombrellini colorati in marcia lungo vie che non nascondono i segni di un tempo lontano.Piove sole e il mio colorito diafano scimmiotta, con poco successo, quello di un gambero vivace che mi saluta da una vasca trasparente in bella vista nel ristorantino del vicoletto a sinistra. Povero gambero, saluta e non sa, mostra tutto orgoglioso il suo bel colorito in tinta con l’estate e non vede l’avventore che lo ha appena scelto come protagonista del suo gustoso piatto.Intanto piove sole ed io sono quasi tentata di rubare quell’ombrellino rosso che sembra lì apposta per me; poi, però, mi specchio nella fontana, guardo le mie gote rosee e penso che per stavolta voglio che il sole mi bagni, voglio che le onde tra i miei capelli danzino silenziose in questo pomeriggio bagnato di sole, incorniciato tra le fessure di tanti ombrellini colorati, in compagnia di un gambero vanitoso.

concerto di luci

Quante fontane ci sono? Quanti arcobaleni tra zampilli e luci? Quanti occhi e quante vite alla danza di quelle acque? C’è una manina che incurante del mostro marino che sputa fiamme azzurre, agita l’acqua nella nivea vasca. Sul bordo di quella che sembra una nave fluttuante su cirri capricciosi, si adagiano due innamorati che si scambiano promesse di cui è custode una bella sirena. C’è qualcuno che si tiene a distanza, come se non volesse dar conto dei suoi pensieri, ma le luci azzurre che disegnano la danza dell’acqua, investono anche lui. E c’è la fisarmonica, non si sa bene da dove arrivi quel suono, ma la sirena comincia a cantare, il mostro marino sputa fiori azzurri, gli innamorati si stringono forte e… e qualcuno che voleva tenere per sé i suoi pensieri sorride e dirige tutta questa magia con la maestria del più consumato direttore d’orchestra. Silenzio. Musica. Magia.

Quando sarà, sarò, saremo. Sono, adesso

Immagine dal web



Quando sarà tempo ci andremo. Ti ci accompagnerò, te lo prometto, ma non adesso, quando sarà tempo. Quando quel tempo arriverà ce ne accorgeremo vedrai, non avremo bisogno di pensarci, ci prenderemo per mano e andremo. Adesso no, adesso non è ancora tempo, ma quel tempo arriverà, fidati, io lo so per certo e lo sai anche tu. Che tempo sarà quel tempo non lo so, di sicuro non è questo tempo, che poi, se ci pensi bene, di questo o quel tempo possiamo farne anche a meno. Però andremo, questo lo so, arriverà e andremo e lui ci aspetterà. Adesso, però, no, adesso non è tempo, ma ti accompagnerò, prometto che andremo insieme. Quando sarà tempo, quando arriverà, quando saremo insieme nello stesso tempo, non adesso, ma fidati, arriverà. Te l’ho detto, io lo so per certo e forse lo sai anche tu.

(Per Cristina che ha fatto suo questo pensiero quando lo ha incontrato)


cercando...

Cercavo Milano senza un perché, sarà stata la nebbia di quel pomeriggio di sole bianco. Ero a Firenze e mi son ritrovata a Modena, ma era sempre Milano quel che cercavo, chissà perché. E chissà come sono arrivata a Napoli e lì mi son dimenticata di Milano, ma già sentivo che Genova era quel che mi ci voleva, senza un perché, come per Milano, come in quel pomeriggio di nebbia spruzzato di sole bianco.

perline e vestitini azzurri (per Flo)

Solo tre gradini, fluttuanti, color del cielo, solo tre e sarei arrivata sulla luna, tre gradini come palloncini dalle sfumature del cielo, poi avrei dondolato dalla luna amaranto che hai inventato solo per me, una luna che fa l'occhiolino a Picasso, mentre mi diverto a volare con il mio vestitino di un "azzurro Chagall" ed una farfalla appuntata tra i capelli, ci sono le onde di Mirò, c'è una nave blu e quasi vorrei scoprire dove va, poi penso che dalla mia luna posso abbracciare tutto, posso sentire il profumo del mare, posso dondolare e pensare che tutte queste stelle che mi fanno compagnia stanno per cantare una canzone.E' una canzone per te, una canzone che è tua e adesso vive in questa piccola magia di carta di riso, perline e ombretti dai colori delicati e vive ancor di più nella delicatezza delle sensazioni che mi stai regalando.

"Dimmi di sì amore scaldami non lasciarmi scivolar
dimmi di sì amore abbracciami toglimi dall'oblio" (*)

...cantano le stelle e canto anch'io con loro ed è un regalo per te!
(*) Dimmi di sì, Alice

4 settembre 2008

bolle di sapone e drago misterioso

 

Ho guardato attraverso le bolle di sapone, ho visto tutto.
Non guardarmi così, ho visto tutto quello che c’era da vedere e ho capito. Bisogna esser bravi per guardare attraverso le bolle di sapone, se poi hai anche gli occhi grandi quello che c’è si vede meglio. Io ho gli occhi grandi, ma ancora non sono brava. Imparerò.
Come, cosa ho visto? Tutto, ho visto tutto, anche quello che è difficile da vedere, anche quello che sapevo, ma che avrei voluto non vedere.
Mi conosci, se io non vado fino in fondo, se io non disvelo… aletheia, ti ricorda qualcosa? Ecco, tu lo sai, infondo tu mi conosci da quando quella traslitterazione è entrata nella mia vita, forse da prima. No, non voglio parlare di filosofia, benché… lasciamo stare.
Parliamo invece delle mie visioni: c’era un drago marino, con le squame verdi e una lunga lingua biforcuta rosso fuoco, ma i draghi marini hanno la lingua biforcuta? Tu lo hai mai visto un drago marino? Io no, anzi sì, solo nelle mie visioni o in qualche sogno.
Dicevo, c’era un drago marino con le squame verdi e la lingua biforcuta rosso fuoco, mi guardava con lo sguardo obliquo, io non ero spaventata, lo osservavo con curiosità, mi piaceva il verde delle sue squame, d’un tratto mi ha parlato. Che tu sappia, i draghi marini parlano? Ok, non rispondermi e soprattutto non guardarmi così.
Lo so, era solo una visione, i draghi marini non si incontrano tutti i giorni, voglio dire, non esistono.
Mi ha detto: “Ciao, non trovo più la mia rotta, le onde hanno cancellato la strada che avrei dovuto percorrere, potresti aiutarmi?”.
È che sono altruista e... non ho potuto fare a meno di dirgli che avrei fatto il possibile per aiutarlo.
So che sei curioso, adesso vengo al punto.
Gli ho sorriso e lui mi ha detto: “Bene, dovrai far forza sulla tua fantasia, dovrai attingere a tutti i colori e dipingere la mia strada come se dovessimo percorrerla insieme, quindi non dovrai pensare soltanto a quello che farebbe felice te, ma anche a quello che potrebbe far felice me”.
A quel punto non sapevo come fare, posso conoscere i miei pensieri e i miei desideri, ma il drago lo avevo incontrato in quel momento per la prima volta. Come avrei potuto dipingere qualcosa che gli piacesse sul serio?
Alla fine mi son fatta forza, ho chiuso gli occhi e ho usato i colori più belli, ho messo anche tanto verde e rosso, i suoi colori. Ho pensato che così avrebbe riconosciuto meglio il suo cammino e che in caso di pericolo si sarebbe potuto mimetizzare.
Aveva anche detto: "dovrai dipingere la mia strada come se dovessimo percorrerla insieme", di mio ho messo un bel tratto di blu, in modo che si sarebbe sempre ricordato di me.
Credo di aver avuto l’idea giusta perché il drago mi ha sorriso, ha fatto un salto, si è tuffato nel sentiero che avevo dipinto sull'acqua. È scomparso. Intanto io ero fradicia, imbevuta dell’acqua schizzata via a seguito del tuffo.
Questo è tutto, non c’è altro, poi la bolla di sapone è scoppiata e si è dissolta la visione. Che strana visione e che strano quel drago, secondo te cosa avrà voluto dirmi e perché ha cercato proprio me?
Credi che lo incontrerò di nuovo?
Lo so, i draghi marini non esistono, non quelli della mia visione: alti dieci metri e con una lingua biforcuta di almeno un metro.
So anche che non hai capito cosa ho visto che avrei fatto meglio a non vedere, ma in quello che ti ho raccontato manca un pezzo di storia, è qualcosa che mi ha detto il drago. Mi ha chiesto di custodire il segreto e io non voglio deluderlo.
Che poi, lo sai che i draghi non esistono, che mica è così sicuro questa sia la verità.

3 settembre 2008

pensieri al girasole

Pensieri sciolti nel mio tè verde con petali di girasole, galleggiano silenziosi sull’ambra liquida nella culla di ceramica bianca. – Questo tè sa di te, sei tutta nei petali di girasole. Tu sei un girasole. Intanto i miei pensieri galleggiano, profumano di fiori e hanno il sorriso giallo e largo di un girasole e inventano una canzone. – Lo vedi? Te l’ho detto: tu sei un girasole, tu canti come cantano questi pensieri al girasole.Io canto, seguo la canzone che i miei pensieri stanno componendo. Canto e invento note e parole, accarezzo immagini e petali di girasole. I miei pensieri cantano, ballano, nuotano sull’ambra liquida ed io faccio un bel sorso e li bevo tutti. Non ci sono più. Un bel sorso e non ci sono più nemmeno io.

2 settembre 2008

un due tre...salta!

Olbinski, Pagliacci


Un due tre. Un due tre. Salta, devi solo saltare. Salta. Il gioco è fatto. Non nasconderti. Salta. C’era un gioco che amavo fare da bambina. C’è un gioco che amo fare. Adesso. Era semplice. È semplice? Un due tre. Salto. Un due tre. Salta. Un due…dammi la mano ti aiuto ad alzarti. Dammi la mano. Fidati. Salta. Un due tre. Uno. No siamo in due. Due. Sì, due. Salta. Dammi la mano. Mi prendi la mano. Salto? Certo che salto. Salta. Un due tre. Un due. Sì, sempre due. Tre. Dopo il due viene il tre. Il tre, il tre…il tre è un 8 senza le parentesi tonde. Io preferisco le parentesi quadre e i quadretti alle righe ed il blu al nero. Ehi, stavamo saltando. Salta. Salta. Un due tre. Uno. Uno. Uno? E tu dove sei? Salto, io salto lo stesso. Un due tre. Eccoti. Un due. Mi prendi la mano. Un due tre. Salti, sì tu salti. Hai visto che non è difficile? È un gioco che amavo fare da bambina. È un gioco che amo fare. Adesso. Un due tre. Salto. Io salto. È un gioco. Solo un gioco.

29 agosto 2008

non appuntamenti e origami d'oleandro

Immagine dal web




Ho annotato il nostro non appuntamento, è un origami nella mia agenda di carta velina azzurra. Sì, un origami, ma non chiedermi cosa sia, non saprei dirtelo e credo che questo sia il modo migliore per ricordarmi di te e del nostro non appuntamento. Marzo mi ha sussurrato il tuo arrivo tra le rose e i giardini di Renoir e presto mi vestirò dei tuoi colori, dei tuoi sogni spigolosi e della tua giocosa ironia. Stamattina ho riaperto l’agenda e l’origami stava per volare via, poi si è fermato, come se mi volesse ricordare il nostro non appuntamento. L’ho preso tra le mani, l’ho guardato in modo serio e ho detto:”Certo che mi ricordo, come potrei dimenticarmi di te. Ci sarò, stai tranquillo!”. Ero così seria mentre lo dicevo che non ho potuto fare a meno di ridere!



17 agosto 2008

di vento e baci di farfalla



Sai c’era il vento quel giorno ed io non me ne accorgevo, tutt’intorno profumo di magnolie. E tutto era bianco, come la nostra attesa, come quelle mani che già c’erano e noi non lo sapevamo. Come per il vento, c’era, ma non lo sentivo. Fiori di mandorlo e ciliegio, neve di petali e baci di farfalla, le tue ciglia che si schiudevano sul mio viso come piccole carezze. Piccoli passi, appena accennati, uno sfiorar sottile sul manto di neve bianca profumata di fiori. Può nevicare anche ad agosto sai? Si può ballare anche stando sdraiati sull’erba al chiaro di luna con gli occhi chiusi. Ti assicuro che si può, come quando ci siamo ritrovati quella notte, senza un appuntamento, senza una direzione, nel nostro posto, quello che avevamo costruito insieme. Oggi ci sono ritornata, avevo voglia di dipingere, mi sentivo ispirata, ho dipinto una macchia blu, una linea verde che sembra la coda di un drago, onde azzurre e una luna rossa come un bello spicchio d’arancia sanguinella e quasi m’è venuta voglia di assaggiarla. No, non tenermi il broncio, c’eri anche tu, ti assicuro che c’eri ed eri proprio nel rosso di quella luna profumata d’arancia. C’era di nuovo il vento, stavolta me ne sono accorta,ho chiuso gli occhi, ho assaggiato la luna e ho sentito di nuovo i tuoi baci di farfalla. Eravamo insieme. C’eri, c’eri davvero, come quella notte. Di più.

4 agosto 2008

Fammi ballare (per Elisa)

Satiro danzante - Galleria Borghese


Fammi ballare, prendimi e fammi ballare, non importa se non conosci i passi, fammi ballare, voglio soltanto ballare. La musica non c’è, la pista è questo piccolo prato di città, le luci sono i riflessi stanchi delle insegne al neon di negozi addormentati. La musica non c’è, la musica c’è. Non la senti? Non senti come cantano i nostri occhi? Non senti la musica delle nostre mani che si stringono? Ho voglia di ballare, ho voglia di cantare. Sono le 4 di una mattina incerta, sono le 4 in una città deserta, sono le 4 e siamo ancora qui e stiamo ballando e ci stiamo stringendo e questa piccola pennellata di verde brillante illuminata di ghiaccio è come una terrazza sul mare. Non ci sono nemmeno le stelle, ma noi le vediamo lo stesso, di sicuro non c’è il mare, forse non ci siamo neanche noi, forse no, però, fammi ballare, prendimi e fammi ballare lo stesso. Stringimi e non farmi respirare, i passi li conosci, e adesso c’è anche il mare.

Per Elisa, ricordando quel bellissimo pomeriggio in Galleria custodito nella danza di quella statua di vento.

12 giugno 2008

petali di margarita



Sfoglio una margherita, sfoglio una millefoglie con le dite, dita imbrattate dal sapore di meringhe stonate su note suonate da una finestra aperta su una scoperta. Sfoglio una margherita e non trovo più le dita, mi si stringe la vita e la mia gatta si è svegliata. Sfoglio una margherita e resto stupita, nessun petalo né una meringa solo una salita, una salita che sa di margarita.

9 maggio 2008

l'equilibrista



 

Meraviglia!
Come riesci a farlo?
Come fai a non cadere?
Io ci ho provato tante volte, sul serio, ma niente, tutte le volte è così, ci provo e poi cado. È una questione di fisica, credo. Sì, per qualche strana legge io non riesco, non doso bene l’equilibrio, oppure, l’equilibrio del dentro contrasta con quello del fuori, ma come si fa?
Tu dove hai imparato?
Già, sei nato per essere bravo in questo, io invece devo imparare, ma si può imparare?
Io mi conosco, imparo in fretta, ma questa cosa proprio non riesco a farla mia. Sarà colpa della fisica, a volte, però, penso che c’entri anche un po’ l’astrologia, di sicuro non c’entra nulla la logica.
Ora che ci penso: la meteorologia!
Già, come non pensarci prima, come non pensare a quei lampi che di illuminare in modo logico non ci pensano proprio.
Intanto tu sei di nuovo lì, mi saluti da lontano e metti in mostra, ancora una volta, fiero, la tua grande abilità.
E io?
Io prendo l’ombrello, faccio per seguirti, ma poi mi fermo, apro l’ombrello e volo via.
Non mi serve saper stare in equilibrio: io so volare!

25 marzo 2008

il filo rosso perduto

Soffio delicato e sottile 
Azzurro e arancio come i colori d’estate
Un gabbiano e un ricordo
Il ricordo di quello che c’è stato
E già non c’è più
Di quello che c’è stato?
Un sogno, forse un sogno
Adesso ritagli di stoffa colorata
Dalle fantasie che non riesco a far combaciare
Non trovo il cotone per cucirle insieme
Ho perso il filo
Era un filo rosso, un filo sottile
Uno di quei fili sottili che però non si spezzano
Chissà se qualcuno lo ha visto
Chissà se qualcuno lo ha preso
Chissà… se lo vedi me lo riporti?
Lo cerco, lo cerco da tanto

Pensavo di averlo trovato.
Pensavo... e adesso non c’è più
però, non so perché, io sono sicura di ritrovarlo
Tu, però, se lo vedi riportamelo
Devo cucire i miei pezzi di stoffa colorata
e che io… io lo cerco, lo cerco da così tanto!


Immagine: Natura morta, P.Picasso

8 marzo 2008

da non tenere per sé




- Salve signor postino, c’è posta per me?
- Ora controllo signorina. Attende notizie?
- No, nessuna. Chiedo ugualmente, non si sa mai. Potrebbe rispondermi un bel: sì!
- Oggi è la sua giornata fortunata, c’è un telegramma per lei.
- Oh, grazie! Ma…
- Come mai quell’espressione?
- Sono solo frastornata. Ho ricevuto una notizia inaspettata: mi sono innamorata!

Mi sono innamorata e adesso che si fa?
Mi sono innamorata all’ombra di un mandorlo in fiore, con tutto quel candore, immersa in quel tepore. Mi sono innamorata come da bambini: senza troppi perché e un bacio affogato nel frappè.
Mi sono innamorata della fuliggine del mio camino, della voce stonata del vicino e dei baffi di un gattino.
Mi sono innamorata! Non so di chi, non so di cosa, ma questa è la sorpresa.
Mi sono innamorata e ho voglia di festeggiare, voglio cantare con il cuore per il mio sconosciuto amore!

Grazie signor postino, grazie. Lei non sa quale gioia ha regalato al mio cuore.
- Signorina, non serve ringraziare. Ho fatto solo il mio dovere.
- Ringraziarla per me è un piacere. Suvvia, venga con me a festeggiare.
- Certo, signorina. Sarà per me davvero un onore. 


 


"Un animo assorto nelle cose d’amore ha l’urgente bisogno di aprirsi, di rivelare a un amico quel che avviene in lui” [Goethe]

 

17 febbraio 2008

Sospensioni magrittiane


Magritte, La pretre marie



Ho pensato a te, mentre mangiavo una mela verde al sapore di cetriolo, e subito mi è stato chiaro il sapore del nostro primo appuntamento. No, no, niente di acido o insulso, anzi, qualcosa di molto saporito. Ecco, sicuramente indosserei il mio rossetto rosso. Tanto, se poi scappa un bacio, me lo togli tu, e se divento rossa, è più rosso il rossetto e non si nota. Se invece scappano solo parole, il rossetto lo mangio da sola ché l’ho preso alla fragola e mi piace tanto. Se mi piace tanto, posso farne una scorpacciata, ma io preferirei mangiarne meno e dividerlo con te. Il nostro primo appuntamento, lo immagino tra una nuvola e l’altra, così, tra i pensieri e tutte le parole non dette che galleggiano, timide, tra i sospiri. E penso che Magritte, anche stavolta, ci abbia messo del suo. Come no? Chiudi gli occhi e immagina quel che ho detto. Vedi la mela verde, il rosso del mio rossetto? Senti il sapore di un bacio e i pensieri che sfuggono, mentre siamo sospesi? Riesci a pizzicare le nuvole? Hai provato ad acchiappare uno di quei pensieri volati via? Lo vedi Magritte, lo vivi? Vivo, mentre mastico pensieri al cetriolo, mentre chiudo il sapore di un bacio in un appuntamento magrittiano in cui manchi solo tu. Tu che ancora non ci sei, ma somigli sempre più a una mela. Verde.